Il freddo Natale del 1980 me lo ricordo bene, non solo per la neve che qui in Molise cade senza chiedere permesso, ma perché stavo per realizzare un sogno che, ancora per qualche minuto, restava nella sfera di quelli irraggiungibili: fare un programma in una radio. Una vera radio. Libera.
Non riuscivo ancora a crederci, mentre camminavo con la busta di Millerecords con dentro l’album di Neil Young “Rust never sleeps”, il doppio live di cui avrei parlato in diretta. Flash di qualche anno prima mi riportano a quando in casa, con un vecchio giradischi, facevo programmi radio per i miei amici d’infanzia.
Ero preparato a coprire i buchi tra un disco e l’altro, e così mentre finiva “The chain” dei Fleetwood Mac, parlavo, tanto, raccontavo di Lindsay Buckingham e di Stevie Nicks e intanto, posizionavo il 45 giri di “Hotel California” e lo annunciavo con grande enfasi, era la mia band preferita. Don Henley la mia voce preferita. I miei amici il pubblico perfetto.
Solo mia madre poteva interrompere la mia trasmissione e mandare il pubblico a casa, perché era arrivata ora di cena e
<Basta con questo rumore!>.
Intanto la neve scendeva lieve. Le scale del palazzo dove ha gli studi Radio Sud, le faccio due alla volta, levitando sui pianerottoli per continuare a salire con il cuore in gola e la voglia mista a curiosità di quello che accadrà di li a poco.
L’impatto con lo studio, la regia, il tecnico della messa in onda, l’aria di libertà che si respirava prima che il ministro Mammì imbrigliasse le radio private, è oggi inspiegabile e nostalgico.
Da allora sono passati più di quarant’anni e tutto è cambiato. La tecnologia ha preso il sopravvento sulla spontaneità. Io ho avuto la fortuna di poter essere tra quelli che hanno vissuto la radio libera nelle sua essenza. Ho avuto l’opportunità di creare Radiofrequenza, un evento a scopo benefico che ha coinvolto, tra il 1995 e il 2000 tutte le radio libere del Molise che all’epoca erano trentacinque.
In maniera artigianale ma con grande spirito di gruppo, l’evento vedeva nelle diretta di ventiquattro ore la sua forza. Il tema era la solidarietà verso i popoli dell’Africa e del Tchad, e per fare tutto ciò l’associazione “Dalla parte degli ultimi” di cui facevo parte, mi dava i mezzi per realizzare l’evento.
Tutte le emittenti erano collegate tra loro e si trasmetteva da un unico studio con un solo nome: Radiofrequenza. Ad oggi non mi risulta, in Italia, un altro evento uguale né con le stesse modalità. Di questa avventura indimenticabile, esiste un libro, “I sordi intorno a noi”, introvabile, con tutte le interviste realizzate dagli amici di RDS, Radio Vaticano, La Repubblica.
Intanto si cresce, si diventa adulti, cambiano le priorità, si mette su famiglia, si trova lavoro. Ma la curiosità resta intatta, quella sana che ti porta a scoprire sempre mondi nuovi, persone, occasioni, eventi. Ecco ancora la musica, sempre lei che fa da collante al tempo che passa. Con lei le nottate in consolle non si contano, la ricchezza del dare, in questo caso a chi balla, non si può paragonare ad altro.
Perché ad un certo punto della propria esistenza, ci si accorge che il tempo passa, lascia segni sul corpo e nella mente e si ha paura di dover fare i conti con rimorsi e rimpianti. Ecco che diventa fondamentale allora, dare risposta ad una semplice domanda: ho fatto ciò che volevo?
Beh chi può rispondere?
Ora so però che offrire la propria passione sotto forma di intrattenimento, fa bene all’anima.
Charles Papa