Una cosa che nessuna intelligenza artificiale potrà mai descrivere è ciò che si prova mentre si corre. Le sensazioni di 60 minuti di corsa, o di una maratona, sono esperienze che nessun chatbot potrà replicare autenticamente.
E se mai ci provasse, sarebbe facile smascherarne la finzione.
Perché correre è un’azione primordiale, un gesto ancestrale che nessun data center potrà mai davvero contenere, nemmeno registrando tutti i tempi di arrivo sotto l’arco delle gare di tutto il mondo.
Correre è il movimento che rimette in ordine i nostri pensieri. Lo facciamo da soli, senza interferenze, senza password, senza l’intrusione di algoritmi. Di fronte alle tante domande sul futuro dell’intelligenza artificiale, possiamo solo sperare che non diventi stupidamente artificiale: quello, purtroppo, dipenderà ancora da noi.
Anche quando le affidiamo compiti che potremmo svolgere facilmente, ma che deleghiamo per mancanza di tempo, scadenze o pressioni lavorative.
Correre, invece, non è un lavoro.
Non ha un tempo prestabilito, se non quello del nostro bisogno di fare qualcosa che ci fa stare bene. Allora correte. Non pensate a mondi artificiali. Fate il giro del palazzo, con gli amici o da soli.
Fatelo sapendo che è l’azione più naturale al mondo, proprio come respirare, ad ogni passo.