La corsa è consapevolezza di ciò che siamo diventati, la storia di Riccardo

Riccardo è un amico che corre e ha uno di quei passi che, alle 6 del mattino, sotto un’arietta ancora tiepida, ti fa pensare: “Ma perché l’ho chiamato?”.

Scherzi a parte, il nostro gruppo, che si muove nelle prime ore della giornata, tra le vie silenziose del quartiere, è accogliente e sempre aperto all’ascolto. Ci piace parlare, sfogarci e condividere riflessioni su libri, future imprese o racconti ritrovati in vecchi cassetti.

L’altra mattina, per via di impegni e allenamenti saltati, ci siamo ritrovati solo io e lui.

Parlavamo delle “salite” della vita. A volte, affrontare temi difficili stimola un confronto sincero e ci pone su un piano di equilibrio, senza differenze, dove la comprensione dona un ritmo alla corsa che altrimenti faticherebbe a decollare.

Ha scoperto la corsa in età adulta, proprio mentre stava costruendo la sua famiglia. Con la nascita delle sue due figlie, la corsa è diventata una costante, un’alleata silenziosa che gli ha offerto quel mutuo aiuto che solo lo sport può generare. Così sono arrivati i giri di quartiere, le prime gare, le maratone e l’integrazione nella comunità di runner della città.

Ma non è sempre stato così. Riccardo non è sempre stato l’uomo che conosciamo oggi. A 16 anni, pesava 108 chili. È difficile immaginare quel ragazzo, non molto alto, portare con sé un tale fardello. “Era come il programma ‘Vite al limite’ che vedi in TV. Vivevo per mangiare“, mi ha confessato.

A 16 anni, si corre dietro a un pallone, alle ragazze, alla vita che ti presenta piccoli traguardi, non difficili da raggiungere, ma che richiedono di scuotersi dalle tipiche indolenze della gioventù.

Riccardo, però, non correva. Non ce la faceva. E, cosa importante, non soffriva per la sua condizione. In famiglia, per compensare dolori più profondi, si cercava di “nutrire” un amore genitoriale e protettivo, che però aveva superato i limiti del salutare.

Secondo i dati della rilevazione HBSC (Health Behaviour in School-aged Children), negli ultimi 5 anni la percentuale di adolescenti in sovrappeso e obesi è aumentata, soprattutto tra i ragazzi di 11 e 13 anni, con una maggiore incidenza al Sud.

Oggi, ne parla con serenità, anche se non sente di aver raggiunto una pace completa con il cibo. “A volte provo amore e odio verso ciò che mangio, ma convivo con questa situazione grazie allo sport e al fatto che sono un esempio per le mie figlie”, mi ha detto.

Cambiare radicalmente regime alimentare a 16 anni è faticoso. Le ragioni per farlo non sono subito evidenti.

Vivere quel cambiamento in un’epoca in cui non esistevano i social, gli smartphone o le implicazioni di una vita digitale, lo ha aiutato. “Quando vedevo i miei amici correre dietro alle ragazze, capivo che quello era il mio obiettivo. Non ho avuto alcun ripensamento quando i miei genitori decisero di portarmi da un dietologo”, ha ricordato.

Il cambiamento è stato rapido: ha perso oltre 40 chili grazie a un piano alimentare studiato per rispettare la sua crescita e le sue attività quotidiane.

Oggi, ringrazia prima di tutto se stesso per aver compreso cosa poteva fare per evitare problemi peggiori, e riconosce il valore di un contesto in cui le giornate passate con gli amici al muretto erano meno alienanti di quelle che oggi vivono i ragazzi, immersi nei loro schermi.

“Oggi è tutto più complicato”, ha riflettuto. I confronti sono impari, con modelli irraggiungibili, e i ragazzi che soffrono di obesità faticano a vedere una via d’uscita, perché la strada che dovrebbero percorrere appare come una salita impossibile da affrontare.

Il suo consiglio per i genitori è chiaro: “Fate uscire i vostri figli dalle loro camerette. Portateli a camminare, a scoprire il parco sotto casa. Allontanateli da una tavola piena di prodotti di facile consumo ma di difficile eliminazione dal giro vita. L’amore per un figlio non si misura dal carrello della spesa, ma dal tempo che passiamo con loro all’aria aperta e dall’esempio che ricevono da genitori attivi e sani.”

 

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso