La “Miguel” che storia.
Di Miguel ne ho corse tante, ma forse la prima gara di Miguel è probabilmente la mia più bella, la più incosciente, la più emozionante.
E’ stata una partenza affollata, un lucido rischio preso, quasi cado e sto su per miracolo, è freddo, è pioggia, tanti che ansimano insieme a me, si crea l’effetto ghiaccio secco, mi sembra di correre dentro una nuvola di fumo, per chilometri, diciamo tutti e dieci, i runners ed i loro, i nostri fiati non mi si staccano di dosso.
E’ pubblico, poco, che ti guarda ma non ti incita, qualcuno pure impreca contro, per gli “statici” noi siamo fastidio, è corsa per le strade familiari al podista nel vallo sportivo romano, ma in quei primi metri mi sento come uno straniero.
E’ abbigliamento vintage, corsi, anche per il freddo che, pure lui, correva dentro le mie ossa, io stavo con una felpa che all’inizio mi vestiva, poi mi copriva, poi rimase attorcigliata a me con la voglia, la sua, di soffrire insieme a me.
Io ho cercato di rendermi conto di quello che avevo intorno, ma eravamo in tanti e non riuscivo ad andare oltre i cinque metri con lo sguardo, solo dopo un bel po’ di strada calpestata mi accorsi che la segnalazione dei chilometri era affidata a pannelli che oltre ad indicare, numericamente la distanza, c’erano scritte alcune frasi tratte dalla poesia “Per te atleta” scritta da Miguel Benancio Sanchez, e il ricordo va precisamente al sesto chilometro, quando io ero già in “riserva” lessi:”per te che sai di vittorie e di sconfitte che no, non sono tali”. Fulminato!
Presi forze, fin lì, a me sconosciute o perdute, come se quella scritta fosse solo per me lì ad aspettarmi e rilanciarmi come un volano.
Ebbi la netta sensazione, per qualche minuto, che le mie cigolanti articolazioni si fossero trasformate negli arti vincenti di un olimpionico.
Avevo ripreso i sensi e quindi ero presente a me stesso e a quello che mi accadeva intorno, aspettavo con la fame dell’atleta-letterato di incontrare i pannelli “poetici-miliari” e all’ottavo chilometro la scritta “per te che non sai di gelo né di sole né di pioggia né rancori”, mi fece riflettere come in effetti chi corre apprende ciò che incontra sulla strada, incontra di tutto, ma non porta via niente, rispetta tutto e tutti, non ha un’appartenenza, può rallentare per riflettere su quello che trova, ma poi riprende il cammino per la fame di conoscenza.
Sarà perché la Miguel si corre subito dopo le festività natalizie che quelle frasi sparse nel cammino della fatica e del sudore dell’atleta le ho trovate come dei doni, in ritardo sì sul calendario annuale, ma sempre graditi, perché i doni che servono per vivere meglio non sono mai fuori tempo e mai fuori luogo.
Ed allora, in quella “Miguel”, correndo e leggendo, sentivo di avere il corpo sano, l’anima larga ed il cuore grande ed avere molti amici.
Forse tutto questo, ed altro, l’avevo già, ma grazie ad un poeta corridore finalmente mi sono state rivelate mentre correvo.
Miguel Benancio Sanchez, amava la corsa, si allenava per le strade di Buenos Aires, con tanta passione.
Scriveva poesie, raccontava emozioni.
Aveva sogni e voleva realizzarli.
Miguel Benancio Sanchez un mattino di gennaio del 1978 fu strappato dalla sua vita, dai suoi cari, dalle sue passioni, ed è stato collocato nella storia.
È da quel mattino di gennaio, un uomo, un’idea, una semplice poesia, che semplice non è, sono entrati nel DNA di chi corre.
La “Miguel” che storia.
Raffaele Ippolito