Il lungo periodo di inattività forzata è un lavoro mentale

lungo periodo di inattività forzata
Foto - repubblica.it

Il lungo periodo di inattività forzata, imposto da un infortunio, è stato un viaggio attraverso un paesaggio interiore denso di ombre e luci intermittenti. Quel tempo sospeso tra il desiderio di movimento e la realtà dell’immobilità si è trasformato in un crocevia di sensazioni, pensieri, paure ed emozioni che hanno tessuto una trama complessa e profondamente intimista.

Nel silenzio delle giornate in cui la corsa era un’eco lontana, la mente ha vagato libera, esplorando angoli nascosti dell’esistenza che la frenesia quotidiana tende a nascondere. La paura di non poter più rincorrere l’orizzonte, di vedere sfumare i contorni di quella libertà che solo la corsa sapeva regalare, si è intrecciata a riflessioni sulla fragilità umana e sulla forza insita nella vulnerabilità.

Muovere i primi passi dopo un lungo infortunio, indossando nuovamente le scarpe da ginnastica, ha il sapore di una rinascita, di un attimo sospeso tra il passato e il futuro. Ogni passo è carico di una tensione quasi sacra, un misto di timore e speranza, come se in quel gesto semplice eppure rivoluzionario si concentrassero tutte le lezioni apprese nel tempo dell’attesa. È un ritorno al movimento che sa di promessa, un dialogo silenzioso con il proprio corpo che chiede fiducia, pazienza e ascolto.

I pensieri che affollano la mente sono numerosi e contrastanti: c’è la gioia incontenibile di sentire nuovamente il ritmo dei passi a scandire il tempo, ma anche la cautela di chi sa che ogni gesto va pesato, che la fretta è nemica della guarigione. La memoria del dolore si fa ombra leggera, un ricordo che non vuole più essere protagonista ma solo monito a una maggiore consapevolezza.

Concludere il primo allenamento dopo tanto tempo è un traguardo che sa di inizio, non di fine.

Sorge spontaneo il desiderio di riconquistare la forma perduta, ma anche di superare se stessi, di esplorare nuovi limiti con rispetto e cura. È il momento in cui il passato doloroso legato all’infortunio inizia a dissolversi, lasciando spazio a una nuova narrazione personale, a un capitolo in cui la resilienza e la determinazione sono le vere protagoniste.

La promessa che nasce da questo rinnovato incontro con la corsa non è solo quella di proseguire con altri allenamenti, ma di coltivare un rapporto più sano e consapevole con il proprio corpo, di ascoltarne i segnali con attenzione e gratitudine. È la determinazione a prendersi cura di sé, di preservare l’integrità fisica non solo per allontanare lo spettro di future ricadute, ma per abbracciare pienamente la vita in ogni suo passo, con la consapevolezza che ogni corsa, come l’esistenza stessa, è un miracolo di equilibri precari, di cadute e di rinascite, un percorso in cui l’unico traguardo veramente importante è sapersi in armonia con se stessi.