Anche quest’anno il drago si è risvegliato e ha riscosso il suo tributo. Una bella principessa donata in sacrificio al suo castello.
No. Non è una favola. È la storia di una violenza che ogni anno si perpetra nel centro della capitale a danno di una giovane donna a caso che non può premere il tasto undo per non uscire quella maledetta mattina a correre.
È una mattina come tante. Una ragazza si alza assonnata e si prepara per andare a correre. È un gesto naturale in una società civile esercitare il proprio diritto a praticare uno sport, a seguire una passione.
Indossa i suoi leggings, allaccia le scarpe, mette su le cuffie con la sua musica del cuore e si prepara a incontrare i suoi pensieri per sconfiggere le paure, per trovare le energie per affrontare una giornata di lavoro o di studio.
Apre il portone e viene investita dall’aria fresca e umida della mattina esattamente come capita ad ognuno di noi. Accende il cardiofrequenzimetro e parte.
Un piede davanti all’altro, un passo dopo l’altro, cullata dalla sua musica preferita si avvia sul percorso di ogni giorno.
È presto. La mattina presto c’è poca gente per le strade, specie nei fine settimana, ma cosa importa? è il mio quartiere, sono le mie strade, le conosco a memoria, ogni buca, ogni albero, ogni briciola di cemento, ogni persona che incrocio al solito orario, so esattamente che a quel semaforo laggiù avrò fatto il mio primo km e alla fermata dell’autobus accanto alla scuola mi aspetta il secondo e poi ancora un punto di riferimento per ogni km percorso fino a tornare a casa e cominciare la giornata.
Questo purtroppo non è un giorno come un altro, è il giorno in cui si è svegliato il drago.
È il giorno in cui è lei la principessa che verrà sacrificata.
Un volto che non vedi, con gli occhi bassi e le orecchie impegnate ad ascoltare la musica, due mani che ti afferrano e ti buttano a terra. Terrore.
Ti divincoli, provi a liberarti, vuoi urlare, quelle mani sporche te lo impediscono. Il tempo si ferma, le orecchie stridono, il cuore batte forte. Nessuno può aiutarti. Non c’è salvezza. Non c’è nessuno.
In un paese dove tutto quello che resta sono macerie di una società civile non c’è sorveglianza, non c’è polizia, non c’è aiuto.
È colpa tua.
La frase più orribile che si possa proferire. Spesso è mascherata da affermazioni orribili tipo “se l’è cercata”, “vanno in giro a correre mezze nude”,”lo ha provocato”.
Non facciamo che sbandierare le conquiste dell’universo femminile nel mondo del lavoro, della politica, nel sociale e poi ci fossilizziamo su affermazioni preistoriche di questo genere.
Ammirano tutti la donna occidentale, in carriera, costantemente dedita all’affermazione dei suoi diritti per poi giustificare un gesto la cui barbarie è preistorica, la cui prepotenza è inaccettabile.
Ho memoria dei giorni di appena un anno fa, quando uscire a correre era un crimine contro l’umanità, quando i droni inseguivano i runners che correvano sulle spiagge del paese, quando a più di un km lontano da casa erano 400 euro di multa.
Mi domando dove sono finiti ora tutti questi tutori dell’ordine pubblico.
Dove sono finiti i droni e l’esercito impegnati affinché la gente non uscisse a diffondere il morbo mentre un morbo più antico popola da sempre le strade della città dove ogni giorno si sveglia un drago che incenerirà il cuore di una nuova ignara principessa.
È l’alba di un nuovo giorno.
Tutta la cittadinanza si stringe intorno alla fanciulla spezzata.
Chi le offre un corso di difesa personale, chi accende una candela e prega Dio, chi lascia un fiore. Le autorità in linea con quanto accade in ogni città propongono una panchina rossa nel luogo incriminato. Rossa come il sangue di una ferita destinata a non rimarginarsi mai. Una ferita del tessuto sociale non solo di una città che rappresenta il paese nel mondo, una ferita per tutto il paese.
Un paese in cui una donna sola non può uscire alle 7 del mattino e andare a correre. Un paese in cui esistono ancora uomini usciti da una caverna con una clava in spalla e una pelle di leopardo addosso che deliberatamente si impossessano della felicità di una donna e la inceneriscono senza possibilità di recuperarla mai.
Allora cosa possiamo fare noi donne per stare al sicuro? come possiamo correre senza il rischio di essere gettate in un cespuglio e derubate della nostra più profonda intimità? la risposta è semplice. Niente.
Non possiamo fare altro che affidarci al nostro buonsenso e alla fortuna, perché nessuno o niente può garantirci l’incolumità quando siamo per strada, da sole.
Inutile dire che sarebbe opportuno non scegliere luoghi troppo isolati.
Sarebbe anche saggio non affrontare mai lo stesso percorso ogni giorno, a variarlo in maniera tale da non essere facilmente “identificate” o prese di mira da un malintenzionato che traccia le nostre abitudini.
Uscire con in mano le chiavi o ancora meglio uno spray al peperoncino. Ci sono diverse linee di pensiero a riguardo, personalmente non so nemmeno se sia legale o no, tuttavia lo vendono in armeria senza necessità di presentare un documento.
Ne ho comprato uno con impugnatura ergonomica e facile da utilizzare, basta mettere il pollice sotto una levetta di sicurezza e premere. È comodo da impugnare, considerando che si corre con i pugni chiusi.
È anche utile non ascoltare la musica a volume troppo alto e cercare di essere vigili rispetto a quello che ci accade intorno, a chi ci cammina vicino, o anche a chi ci viene incontro considerando che in un attimo dopo essere passato ci può afferrare e buttare a terra.
Se può farvi sentire più tranquille potreste seguire un corso di difesa personale.
Ogni giorno, in una città qualsiasi del nostro paese ci sono donne che subiscono violenza, che vengono private della loro dignità e del loro futuro.
Potrete vederle in ogni panchina rossa della vostra città. Inutile nel suo esistere se non per ricordarvi che in quel luogo una donna è stata privata della sua dignità di essere umano.
Ogni giorno una donna si sveglia al mattino, allaccia le scarpe da running ed è completamente ignara del fatto che la sua vita cambierà per sempre.
Ludmilla Sanfelice