Il doppio del passo

Si comincia spesso in modalità “corsetta”. E infatti quelli che incontri per strada, ti salutano e si guardano un po’ stupiti: ah, ti fai una corsetta?

Stupiti perché tu che magari fino a ieri eri curvo su un libro o consumavi cinema fino a cibarti persino del cinepanettone avevi schifato lo sport come un elemento accessorio riservato ad altri. Probabilmente meno eletti, meno concentrati.

Una sorta di piano B del cervello.

Bene, una volta compreso che va bene il cinema, va bene la letteratura, va bene tutto, ma senza sport né il corpo né la testa possono stare una vita intera ( allo stato delle cose attuale nemmeno due giorni riesco ad immaginare senza lo sport ), il protagonista della storia rinsavisce, si incaponisce, insiste e va oltre.

Si iscrive presso una squadra.

Comincia a far gare.

Ma ancora non ha ben presente la differenza che c’è tra l’”andare a correre” e l’”allenarsi”.

La capisce.

Comincia a parlare di lavoro, di carico, di scarico, di lungo, di lento. Tutte cose che prima appartenevano ad un codice lontano e nemmeno lontanamente affascinante.

Non vado più a correre.

Mi alleno.

Ho cambiato passo.

E misura.

E a volte direzione.

Conto i caduti di questa scelta., ovvero i miei compagni di corsa. Uno in particolare col quale oggi è diventato difficile andare a correre come facevamo ogni sabato perché io una volta ho la gara il giorno dopo, un’altra volta ho lo scarico, un’altra volta il lavoro.

Tutte cose noiosissime che prima non capivo. E disprezzavo, anche. Perché se a un amico avessi proposto una corsa e mi avesse risposto “no, devo allenarmi, ma ho le ripetute”, avrei sicuramente detto che era un montato fradicio, un frigido cafone, indubbiamente non un buon amico.

Certo, dipende da come lo si dice e da come lo si vive, questo cambio. Ma di certo un cambio c’è. Anche se io e te, Marco, saremo amici tutta la vita, e questo non cambierà, chiaramente.

E non voglio dire che sia la stessa differenza che c’è tra chi “cammina veloce” e chi “va a correre” ma è pur vero che adesso quando mi alleno, cambia il paesaggio, cambia l’ora, nel senso che diventa un’avventura, diventa un momento in cui tutto è un po’ sospeso e in cui comandi tu. Comandano le sensazioni del corpo, comanda il fatto che dalle 5 alle 7, che sia mattina o sera poco importa, sei tu che disegni e crei il tuo passo, la tua avventura sportiva, non cedi più, non subisci, non sei più suddito del tempo e non lo insegui,  ma il tempo lo fotti e ti ci fai inseguire.

E certo, cambia il panorama, hai voglia se cambia.

Cambia il paesaggio emotivo. Cambiano le persone.

No, non parlo degli amici con cui prima “andavi a correre” ma di tutti i pensieri che chi corre mette in fila mentre corre. Le passioni dirompenti, i posti centrali del cuore, i biglietti senza ritorno, per dirla con Fossati che scolorano passo dopo passo, con la velocità che aumenta e i chilometri che contano che son sempre quelli che hai fatto e non quelli che mancano.

Al doppio del passo.

Elvio Calderoni

 

 

Ho vissuto senza sport per i miei primi 40 anni. Adesso diciamo che sto recuperando, dato che ho un sacco di muscoli e fiato ancora nel cellophane. Cultore della parola detta e scritta, malato di cinema, di musica, di storie. Correnti, già corse e da correre.