IL CASSETTO DEL RUNNER

Nella vita di chi corre esiste un giorno preciso in cui in casa si percepisce una forma assoluta e concreta di serenità e pace.

Non c’è domenica delle palme, promozione del figlio ripetente, scudetto meritato che possano competere con il momento in cui i calzini sono appaiati, le maglie piegate, le tute stirate.

Quello è il giorno in cui i cassetti di chi corre sono finalmente in ordine.

All fine di quella giornata la famiglia è sulla porta della camera e guardano il tuo volto colmo di un sospiro di sollievo, si stringono in un solo abbraccio, più stretto di quando tornasti a casa con la strenna aziendale da dirigente merito di un avanzo in magazzino.

Tu sei sulla sedia di cucina e hai lo sguardo felice e stanco.

Quell’ordine surreale, la maglie piegate e riposte per tipo di gara, dai 1500 in pista alla 100km del passatore che ancora rimpiangi il culo che ti facesti nel 1997.

I pantaloncini da quelli robe di Kappa, passando per i Sergio Tacchini con doppia tasca, arrivando ai nuovi colori della linea sportiva della Lidl. (Non te ne è fregato mai nulla della moda è evidente tanto meno di ciò che dicono gli amici al campo, ovviamente).

I cassetti di quelli che corrono è un luogo senza tempo, uno spazio in cui vige un caos costruttivo. Una twitlight zone da cui spariscono e riappaiono cose, memorie, progetti e speranze.

Se anche tu hai un cassetto dei miracoli ricorda le parole del grande maratoneta etiope Heile Gebreselassie

“se cassetto non è mai in ordine è perché dal disordine che si riconosce un campione “