I conti in tasca al runner, una passione da 224 euro al mese

podista medio

Si dice da sempre che correre sia uno sport che non chiede molto: un paio di scarpe, un parco vicino casa, e quella voglia impalpabile di sudare per sentirsi vivi.

Ma è davvero così? Parliamo davvero della passione più accessibile, la più economica? Forse, nella sua forma più pura e “minimal”. Ma facciamo due conti insieme. Lungo le strade, tra il battito regolare dei passi e i chilometri che si accumulano, molti dei luoghi comuni iniziano a vacillare.

Raccontiamo allora l’anno sportivo di un runner amatore nel 2024: chiamiamolo Luca. Ha quarantacinque anni e da ventitré corre per Roma, quattro giorni a settimana. Lo trovi tra i viali dei parchi e sui sampietrini, con la sua squadra amatoriale, quella famiglia che nonostante tutto gli fa sentire il calore della competizione. Luca corre appena riesce a ritagliarsi un po’ di tempo tra lavoro, moglie, e due figli. E correre, per lui, non è soltanto una fuga, è una scelta, un modo di essere.

Luca è parte di un gruppo sportivo della Capitale, dove l’iscrizione copre 27 gare “sociali”. Gare che lo portano a competere tra le strade del Lazio, tra campagne e paesi. Partecipare vuol dire pagare un pettorale, quello che diventa il lasciapassare per ogni arrivo tagliato. A Roma, nel 2024, i costi oscillano: 15 o 20 euro per una 10 km, fino a 40 per la Roma-Ostia, e sugli 80 per la maratona. Ventisette gare, dodici mesi: 600 euro di entusiasmo, tensione e passione.

Poi c’è la trasferta. Una maratona nazionale, ad esempio Firenze: un weekend che diventa un rito. Ci sono gli alberghi, il Marathon Expo, e quella voglia di vivere la città con l’attesa della domenica. Una notte in albergo, il treno, il pettorale. Tutto questo ha un costo, circa 300 euro. Ma non è finita qui, perché correre, oggi, significa guardare oltre i confini. Valencia, ad esempio. Nel 2024, più di 1500 italiani sono arrivati sotto l’arco d’arrivo, in mezzo a quell’esplosione d’acqua e di architettura. Anche Luca c’era: volo, tre notti, pettorale. Spesa totale: circa 600 euro.

Ma correre non è solo una sequenza di gare e arrivi tagliati. È una routine. È allenamenti ogni settimana, visite mediche annuali, massaggi per evitare guai muscolari. In Italia, gareggiare significa certificazione di idoneità sportiva: una visita, l’ECG sotto sforzo. 70 euro per il certificato che dice “Sì, Luca, puoi correre”. E poi l’iscrizione alla squadra, che copre servizi e affiliazioni. Altri 60 euro.

E cosa dire delle scarpe? Quelle inseparabili compagne che ogni 600 chilometri chiedono di essere cambiate. Due paia l’anno, 300 euro. Ci sono i massaggi sportivi, due al mese per quattro mesi, altri 300 euro. E poi la fisioterapia, quando serve, quando gli acciacchi si fanno sentire: 400 euro. Luca non rinuncia al negozio di quartiere per il suo abbigliamento, spende altri 70 euro all’anno, 50 per gli integratori.

Alla fine, l’anno di Luca è fatto di centinaia di chilometri corsi, sveglie prima dell’alba, e domeniche divise tra il tempo per sé e le esigenze della famiglia. Ed è fatto anche di 2760 euro spesi. Ogni mese, circa 224 euro per vivere questo sport che di spartano, forse, ha ormai ben poco.

Ma in tutto questo, c’è ancora spazio per la vera essenza della corsa? Dov’è finito quel giro sotto casa, la maglietta sudata e la gioia sincera sul volto? Non temete: il bello è che ci siamo sempre noi. Noi, bisognosi di tutto: una medaglia al collo, una foto da postare all’arrivo, e anche del superfluo. Perché correre è ancora, e sarà sempre, qualcosa di profondamente nostro.