“Si fa!” era il convincimento imperterrito degli organizzatori della WE RUN ROME fino a poche ore dalla partenza, nonostante i numeri di contagi in aumento.
Le prime considerazioni negative dei podisti sul profilo facebook della gara già nei giorni precedenti. Pensieri assennati di una comunità, quella dei runner, che dopo quasi due anni di COVID ha ben capito come comportarsi.
Le loro prime rinunce simboliche alla gara in virtù di una, oramai persa, gioia di viverla serenamente, i primi annunci di gare future annullate da parte di solerti prefetti di provincia.
Ma ciò che fa da contraltare è stato il silenzio istituzionale delle autorità romane e l’esortazione, poco apprezzata, da parte degli organizzatori ad accaparrarsi gli ultimi pettorali disponibili, arrivando ai rumors insistenti sullo svolgimento o no della gara, per giungere alle concitate ore finali.
A meno di 24 ore dalla partenza della gara giungeva un disperato annuncio della classe medica in prima linea sulla pandemia che considerava “bomba epidemiologica” lo svolgimento della gara, il successivo annuncio di una ASL che raccoglieva il grido disperato di medici oramai stanchi di combattere scelte sbagliate in tempi di isolamento sociale fortemente consigliato.
Alla fine il “coup de teatre” di un Sindaco che vestendo il mantello dell’autorità massima firma un annullamento irrevocabile allo svolgimento della gara.
La Fidal che, totalmente assente e poco partecipe, nei continui decreti di gestione pandemia, nelle linee guida sul corretto svolgimento di eventi no stadia esplodeva con una dichiarazione contraria del suo Presidente circa la decisione di annullare la gara che si univa a quella dell’organizzatore che affermava di poter far correre i suoi iscritti in una “bolla di isolamento.
Ha ragione Roberto De Benedittis nel parlare di eventi organizzati da professionisti che sanno quello che fanno e che si attengono a delle regole che dettano le istituzioni
Ma siamo certi di riuscire a garantire le regole sempre?
In questi mesi siamo stati in griglie di partenza di gare ed è capitato di avere accanto un atleta meno attento di noi e come sappiamo ne basta uno per fare danni.
Finale della storia: che insegnamento debbono trarre i futuri organizzatori di gare da qui al 31 marzo, fine dichiarata del periodo di emergenza??