Evviva la maratona!

Raccontare le emozioni vissute lungo il percorso di una maratona significa restituire alle parole il loro ruolo primordiale di narrazione.

Ad ogni edizione, la regina di tutte le distanze, pur mantenendo la sua essenza, si trasforma nella sostanza: la storia non si ripete mai, né è mai prevedibile.

I maratoneti diventano protagonisti di capitoli diversi, che si svelano ad ogni angolo di città. Un giorno, il professor Alessandro Barbero, durante una sua lezione, disse: “Lo storico non deve cadere nel tranello dei fatti. Dopo anni di studi e ricerche, non può restare impassibile di fronte a ciò che la storia racconta e a quanto vive nel presente.”

Allo stesso modo, credo che, dopo numerose edizioni, trovarsi sulla linea di partenza di una maratona, carichi di incertezze, non sia affatto banale.

La commozione e l’eccitazione che si provano nei minuti precedenti lo start derivano da una legge che trascende la ripetitività degli eventi quotidiani.

Se è vero che l’uomo è attore e regista della propria storia, il maratoneta sfugge alle logiche della prevedibilità umana. La sua condizione di protagonista si fonda su una verità incontestabile: ogni maratona è unica.

Puoi prepararti al meglio, lavorare duramente per mesi, essere certo di aver fatto tutto correttamente e aspettarti il tempo sperato come risultato finale. Oppure, potresti affrontarla con lo spirito di chi desidera solo viverla, sperando di limitare i danni.

In questa visione dicotomica della competizione, nulla è certo, e tutto può accadere in direzioni imprevedibili.

La storia che si vive correndo per 42 chilometri non è mai definita una volta per tutte. Per questo motivo, il maratoneta non si abitua mai alla ripetitività del gesto, perché sa bene che il risultato finale dipende anche da fattori esterni alla sua preparazione.

E qui risiede la magia della maratona: nell’equilibrio tra la certezza della fatica e l’imprevedibilità degli eventi che si susseguono tra la partenza e l’arrivo.

Evviva la maratona!