Dammi solo quindici minuti

Cantava invece “Dammi solo tre minuti” Giuliano Sangiorgi dei Negramaro.

Oltralpe, Anne Hidalgo, la riconfermata Sindaca di Parigi, la “regina” del neo socialismo francese che ha riconquistato per la seconda volta il cuore dei parigini, te ne chiede quindici di minuti nella sua visione di città.

La chiamano la “Sindaca Green”, 61 anni, nata nella ciudad Andalusa de San Fernando in Spagna e da qui fuggita con la sua famiglia dal Franchismo. Laureatasi in scienze sociali all’Università di Lione con specializzazione in diritto sindacale, intraprende, dopo gli studi, la professione di ispettore del lavoro.

La sua è un’idea e una visione che nasce da lontano: 20 anni di battaglie ecologiste, capolista per il Partito Socialista e per ben tre volte candidata alla guida di tre diversi arrondissement, dove ebbe fortuna solo alla prima elezione nel 2001 quando venne nominata presidente della 12^ municipalità.

Ricordo un’intervista che rilasciò sotto il Museo d’Orsay, mentre passeggiava lungo le rive della Senna in direzione della Tour Eiffel subito dopo la sua elezione a Sindaca del 2014:

 “Quando sono arrivata a Parigi, mi sono subito innamorata delle camminate lungo il fiume. E’ uno dei luoghi più romantici della città. L’acqua porta via le preoccupazioni”

 

La Hidalgo, sin dal suo primo insediamento, ha dato seguito ai programmi elettorali mettendo in atto una serie di interventi che avevano contribuito da un lato a essere eletta al primo mandato ma anche generato una fortissima resistenza da parte di molti settori della città rappresentati in questo dall’opposizione politica.

Primo fra tutti un concetto chiaro e ampiamente condivisibile:

far di tutto, pur di ripulire l’aria della Grandeur.

Il primo intervento fu la pedonalizzazione del Lungo Senna.

Camminava lungo la riva destra della Senna la Hidalgo, proprio sulla banchina da dove, pochi mesi prima, aveva cacciato le automobili per restituire spazio ai pedoni, trasformando così i due chilometri di tangenziale urbana in una via pedonale, tra giochi per i bambini, una palestra a cielo aperto e uno spazio per concerti notturni.

Questo accadeva proprio nel raffinato 7^ arrondissement, all’epoca guidato da Rachida Dati che, fortemente contraria alla pedonalizzazione, aveva previsto caos e traffico impazzito nel quartiere bene della rive gauche, ostacolandone il progetto durante la tornata elettorale e richiamando a se, anche politicamente, comitati di cittadini, commercianti e automobilisti contrari all’opera.

Eppure all’inaugurazione dell’ampia area pedonale, la Rachida Dati si presentò con un bel sorriso, come se nulla fosse, con gioia e approvazione dell’opera che riqualificava il quartiere da lei amministrato avvalorando gli immobili e i fatturati degli esercizi commerciali e donando nuova linfa, vita e attrazione ad un quartiere che era divenuto negli anni freddo e distaccato con il suo altezzoso aplomb.

Dal questo primo intervento ne sono seguiti numerosi altri durante il suo primo mandato a capo dell’ Hotel de Ville, come quello di incrementare fortemente lo sviluppo dello sharing di mezzi di trasporto a due ruote quali monopattini e biciclette, quest’ultime anche a pedalata assistita.

Contemporaneamente un fitto programma di “Road Diet” sottraeva spazio all’automezzo privato donandolo alle attività dell’uomo ampliando le zone pedonali esistenti, realizzandone di nuove con sempre più percorsi ciclabili.

 

Ma questo non è bastato nemmeno in una città che può contare su una capillare rete di metropolitane e ferrovie di superficie.

La “Ville du Quart d’heure” è l’ultima idea che ha fortemente sostenuto durante la sua seconda candidatura, una visione di città “post auto”, una città dove tutto ciò di cui si ha bisogno, partendo dall’uscio di casa, i servizi pubblici, l’istruzione, intrattenimento, lo shopping, anche di larga distribuzione e addirittura le zone produttive e gli ospedali pubblici siano raggiungibili al massimo in 15 minuti a piedi, o anche meno, se si decide di muoversi in bicicletta o monopattino.

Così come “le terroir” lega il vitigno al microclima e alle caratteristiche minerali del suolo su cui è coltivato e che ne determinano il carattere e l’unicità del vino che viene prodotto, la città del quarto d’ora legherà i suoi abitanti alle condizioni naturali, fisiche e chimiche della zona geografica di residenza.

Nascono così, partendo da una grande conoscenza del territorio, lo studio delle “bolle geografiche” contenitori di servizi e attività socio-produttive dove l’ago del compasso rappresenta l’uomo e la mina disegna sulla mappa cittadina una serie di circonferenze all’interno delle quali ogni cittadino che ricade nell’area può trovare soddisfatte le necessità nel suo territorio o al massimo in quello immediatamente adiacente.

Ma sempre a 15 minuti di distanza a piedi.

La visione di città che ha la Hidalgo, ci riporta al rispetto del territorio a cui ci hanno abituato i nonni quando ci raccontavamo di storie che sembravano lontanissime seppur vissute sotto casa. Tutto in queste storie si trovava a portata di mano: il lattiere, la macelleria, il panificio e spesso anche il luogo di lavoro.

I nonni erano spesso artigiani, commercianti o impiegati nel quartiere di residenza e forse da questo nasce l’espressione che tante volte ci ripetevano “casa e bottega”.

Durante il lockdown abbiamo potuto rivivere, anche se in maniera imposta da esigenze sanitarie, il nostro quarto d’ora a piedi potendoci allontanare di poche centinaia di metri dalle nostre abitazioni per svolgere le necessarie attività quotidiane come il fare la spesa ed abbiamo capito quanto sia importante vivere in uno spazio urbano dove servizi e commercio siano a portata di mano e quanto sia determinante il commercio di prossimità dal panettiere alla ferramenta al salumiere.

Mentre i centri storici delle città, si spopolavano di lavoratori e di turisti, i quartieri residenziali, i nostri arrondissement, si ripopolavano di quegli stessi cittadini per lo più fino ad allora abituati a vivere la propria residenza e lo spazio che la circonda, come un luogo di partenza mattutino e di rientro serale.

Il progetto della Hidalgo rispecchia le visioni urbanistiche dei grandi dell’architettura moderna da Le Corbusier a Mario Ridolfi e Wolfgang Frankl che applicavano il concetto rurale alla progettazione urbana.

Definiti per l’epoca “dei rivoluzionari” realizzavano le loro opere, anche di residenza intensiva, come la Citè Radieuse a Marsiglia di Le Corbusier o le “Torri Ina” di Viale Etiopia a Roma di Ridolfi ponendo al centro l’uomo e le sue esigenze.

La casa diviene “paese” con un nucleo centrale, il soggiorno, che rappresenta la piazza domestica del paese e da questo le ramificazioni portano a luoghi periferici dell’abitazione dove dormire, dove cucinare, dove stendere il bucato. Lo stesso condominio, con generosi spazi condivisi a verde, diventa luogo di riposo e conversazione tra i residenti, come lo è la piazza di un paese.

Giardini condominiali – Torri di Viale Etiopia, Mario Ridolfi.

I nostri 15 minuti.

Non solo Giuliano dei Negramaro ci chiedeva di concedergli ancora 3 minuti. Quante volte lo abbiamo detto a un amico che ci aspetta, mentre attraversavamo la città, nel tentativo di preavvisare un’ipotetica puntualità resa sempre meno attuabile per come sono immense, dispersive, settoriali e divise le nostre città?

Le vie della movida dove si concentrano locali e svaghi notturni oggi sono additati come luoghi di “assembramento giovanile”.

Eppure nessuno mai prima ha sollevato il problema di quando, ante covid, erano proprio le “zone della movida” le più soggette a caos, traffico e disordine pubblico, rese invivibili, per i pochi residenti sopravvissuti resistenti alla lenta e costante desertificazione residenziale a favore di B&B e affittacamere.

Oggi anche la “movida cittadina” potrebbe riconoscere negli spazi e locali disponibili del proprio luogo di residenza, una nuova opportunità di svago, dove incontrare i propri amici, in sicurezza e non solo da covid.

Oggi più che mai la visione di città a “quart d’heure” della Hidalgo diventa centrale e strategica per dare nuova linfa e vita agli arrondissement di Parigi come ai nostri quartieri.

Smart working e chilometro zero sono termini che sempre più timidamente si affacciano nell’attualità e che saranno certamente centrali al nostro futuro.

Saranno in grado di coglierla gli amministratori, gli operatori commerciali, gli imprenditori, le realtà produttive, gli stessi lavoratori e cittadini questa opportunità?

La visione che la Hidalgo ha della Ville Lumière parte da lontano ed è più che mai attuale e replicabile come modello su larga scala.

Ripensare le città in questa nuova modalità potrà consentire di rispondere concretamente alla mancanza di efficienti collegamenti ferroviari e metropolitani che rappresentano da soli le più criticate inefficienze infrastrutturali delle città.

Un progetto che comporta anche enormi risparmi individuali tanto che in Francia alcuni sindacati di lavoratori hanno proposto alle organizzazioni una rivisitazione, anche al ribasso, delle retribuzioni per venire incontro anche al crollo del fatturato delle proprie aziende dovuto alla pandemia da covid-19 se in cambio le stesse aziende siano disposte a concedere ai propri dipendenti un forte ricorso allo Smart Working consapevoli che pure il trasporto da e per i luoghi di lavoro e il tempo guadagnato hanno un costo e valore facilmente determinabile.

Non possiamo non considerare anche il valore economico che rappresenta tutta la casistica di infortuni in itinere dovuti al traffico, in città sempre più caotiche e che da soli provocano grande spesa pubblica purtroppo non solo economica ma anche in termini di vita umane.

Tre minuti, solo Tre minuti cantava Giuliano Sangiorgi dei Negramaro, quindici minuti è quello che chiediamo al futuro delle nostre città.

Marcello Perotta per Storie Correnti 2020

 

La Sindaca in bici 🙂
Sociale per natura e sociopatico per necessità, vivo programmando vie di fuga: montagna, sci, alpinismo, running, bici e viaggi le mie passioni come pure lettura e, recentemente, scrittura. Sogno di vivere in camper senza una fissa dimora, cittadino del mondo.