Da Iten a Roma, il viaggio di un Campione Kenyano

Jimmy Keprono è cresciuto tra le colline di Iten, una piccola cittadina nel cuore del Kenya, nota al mondo come la “terra dei campioni”.

Questo luogo, a 2400 metri sul livello del mare, è famoso per aver cresciuto e forgiato alcuni dei migliori maratoneti al mondo. Qui, la corsa è più di una semplice attività fisica: è una cultura, una via di fuga dalla povertà e un’opportunità di cambiare il proprio destino e quello di tutta la famiglia di provenienza.

A Iten, Jimmy si allenava ogni giorno su sentieri sterrati dall’inconfondibile colore rosso, immerso in un paesaggio mozzafiato. Le albe dorate che illuminavano le cime delle montagne e l’aria frizzante del mattino erano la sua palestra.

La comunità di atleti con cui condivideva queste esperienze era un costante stimolo a migliorarsi. Le difficoltà quotidiane erano mitigate dalla solidarietà e dal sostegno reciproco: ogni atleta a Iten conosceva il significato del sacrificio e della dedizione.

Nonostante le potenzialità offerte da Iten, rispetto ad altri villaggi in Kenya, le limitate risorse economiche rappresentavano un ostacolo per Jimmy. La possibilità di trasferirsi a Roma, grazie a una borsa di studio offerta da un centro di formazione federale, sembrava un’opportunità irrinunciabile. Roma, con la sua storia millenaria e le sue strutture all’avanguardia, prometteva un futuro diverso, forse migliore.

Arrivato nella capitale italiana, Jimmy si trovò di fronte a un mondo completamente nuovo. Le prime settimane furono un vortice di emozioni: lo stupore per la magnificenza dei monumenti storici, la difficoltà di orientarsi in una città così vasta e caotica, e la nostalgia per la sua terra natale.

Allenarsi a Roma significava confrontarsi con una serie di nuove difficoltà. L’inquinamento, il traffico incessante e il ritmo frenetico della città erano una sfida costante. Gli spazi verdi erano limitati e spesso affollati, e la mancanza di comunità di corridori affiatati come quella di Iten si faceva sentire. Tuttavia, Jimmy trovò nel centro di formazione federale un ambiente professionale e stimolante. Gli allenatori italiani lo accolsero con calore e professionalità, offrendogli supporto tecnico e psicologico.

Le barriere culturali e linguistiche furono un altro ostacolo da superare. Jimmy si impegnò a studiare l’italiano, consapevole che la comunicazione era fondamentale per integrarsi e prosperare. La solitudine iniziale lasciò gradualmente spazio a nuove amicizie, sia tra gli altri atleti sia con gli abitanti del quartiere in cui viveva.

Un esempio concreto delle difficoltà affrontate da Jimmy fu la sua prima gara importante in Italia. Abituato ai sentieri di terra rossa di Iten, correre su strade asfaltate tra il traffico cittadino richiese un notevole sforzo di adattamento. Nonostante ciò, riuscì a conquistare un buon piazzamento, dimostrando a sé stesso e agli altri di poter competere anche in condizioni completamente diverse.

Altro esempio fu la sua partecipazione a un progetto di sensibilizzazione nelle scuole romane, dove raccontò la sua esperienza e l’importanza dello sport nella vita di un giovane. Questo non solo lo aiutò a migliorare il suo italiano, ma gli permise anche di costruire un ponte tra due culture apparentemente lontane.

Il trasferimento da Iten a Roma rappresentò per Jimmy un viaggio non solo fisico, ma soprattutto emotivo e professionale.

Se da un lato lasciò dietro di sé la semplicità e la serenità della vita nel villaggio kenyano, dall’altro abbracciò le opportunità e le sfide della vita in una grande città europea. La sua determinazione e capacità di adattamento gli permisero di trasformare ogni ostacolo in un’occasione di crescita, dimostrando che la forza di un campione risiede non solo nelle gambe, ma anche nel cuore e nella mente.