Ammettiamolo: correre con il caldo è un’arte oscura, e io non sono esattamente un Caravaggio della situazione. Nemmeno in inverno faccio faville, ma con il termometro che spara sopra i 33 gradi alle 7.00 di mattina, la mia performance si avvicina più a un quadro di un bambino dell’asilo che a un’opera d’arte.
È come se l’estate avesse deciso che non devo fare quello che normalmente faccio. Quando il mercurio sale, la mia capacità di correre precipita. È una legge di Murphy tutta mia: “Se può andare storto, lo farà, specialmente quando fa caldo”.
E non c’è santo che tenga. Respirazione, passo, resistenza, idratazione: non ce n’è una che vada come dovrebbe. Durante le ondate di calore, ogni aspetto della corsa si trasforma in un freno inibitore, e a volte mi sembra difficile persino fare una passeggiata sotto casa senza sembrare appena uscito da una sauna.
Guardiamo in faccia la realtà: non so come facciano quelli che riescono a correre con il termometro sopra i 28 gradi a tutte le ore. Sono quegli individui che invidio un po’, quelli che poi ti fanno mangiare la polvere dandoti 20 minuti di distacco sulla mezza maratona quando ci sono 3 gradi a gennaio. Hanno probabilmente un patto segreto con il dio del sole o una sorta di super potere che gli permette di sfidare la termodinamica.
Insomma, questa è la confessione di un eterno insoddisfatto che da giugno a settembre si riconosce nei propri limiti e li evidenzia con botte di sudore già alle 7 del mattino.
Abbiate pazienza, torneremo a tremare dal freddo, e a quel punto ci scalderemo solo all’arrivo, con il sole bello alto nel cielo. Fino ad allora, lasciatemi crogiolare nella mia incapacità di correre sotto il sole estivo, sognando l’inverno come un’utopia lontana dove, con un po’ di fortuna, magari riuscirò a brillare almeno un pochino.