Si tratta di un argomento che riguarda tutte noi sportive, ma di cui si parla ancora poco.
Quale correlazione esiste tra la prestazione sportiva ed il ciclo mestruale? Quanto possono influire nel risultato agonistico, le diverse fasi del ciclo che stiamo vivendo?
Gli effetti del ciclo sulle nostre performance sportive, sono stati spesso trascurati. Quando si analizza il risultato di una gara in cui a fare da scarto sono solo pochi secondi o centesimi di secondo, contano innumerevoli variabili, tra cui anche questa. Al di la dello sport praticalo a livello professionale, il tema riguarda comunque noi tutte.
Quante volte prima di una gara capitata proprio “in quei giorni”, prima di un lungo o anche di una Maratona ci siamo chieste quanto la nostra condizione fisica ci avrebbe supportato nonostante il ciclo durante la competizione nel momento di massimo sforzo fisico?
Quante di noi hanno rinunciato a fare una gara o hanno spostato un allenamento?
In molti casi si parla solo di “timore preventivo” così viene definito.
Quello per cui, ad esempio, 8 donne su 10 hanno dichiarato di non allenarsi prima del giorno previsto di inizio ciclo. E vien fuori anche che quasi il 79% delle donne, intervistate su questo tema da Repubblica, si concede un giorno libero dall’allenamento prima delle mestruazioni, specificando che tra i motivi per non allenarsi figurano i crampi (25%), il flusso intenso e la paura di perdite (entrambi nel 28 per cento dei casi).
Della correlazione che esiste tra ciclo mestruale e sport ne ha parlato anche la campionessa Federica Pellegrini, nella cerimonia di Laurea in cui ha studiato a fondo proprio l’argomento.
La vicinanza con il ciclo era stato proprio il tasto dolente dell’atleta durante le Olimpiadi di Rio del 2016. “Quella finale è stata l’unica cosa sbagliata in un anno da incorniciare… ho parlato con l’allenatore Matteo Giunta e alla fine abbiamo capito che la causa è stata la vicinanza al ciclo. L’ho calcolato malissimo, e mi sono trovata a gareggiare nel momento per me peggiore fisicamente: mi sentivo come su un’altalena, con cali e stanchezze repentine”, aveva dichiarato Pellegrini ai media qualche mese dopo le Olimpiadi di Rio.
Un plauso quindi alla Divina che affronta quello che dai più viene definito come un argomento tabù, dai più sottovalutato ed ignorato.
Sempre la testata Repubblica ci riporta i numeri ancora troppo alti delle donne che sono inibite nel praticare sport durante il ciclo. Per ben il 22 per cento delle donne non praticare attività fisica è solo uno dei tanti divieti correlati alle mestruazioni. Ci sono quelle che, dando retta ai soliti luoghi comuni, si impongono di non toccare le piante e di non avere rapporti sessuali (a pari merito per il 37%), superati solo dalla più nota raccomandazione a non fare il bagno o la doccia (49%).
Per fortuna, oltre alle donne che seguono le indicazioni della nonna, ce ne sono tante, nel caso dell’indagine il 46 per cento, che registrano il miglioramento delle performance sportive. Il 38 per cento del campione conferma che l’attività fisica riduce i crampi mestruali, mentre quasi la metà (il 46%) è del parere che le proprie prestazioni fisiche sono migliori o uguali rispetto agli altri giorni. Incoraggiante anche il parere del 78% che raccomanderebbe ad altre donne di fare esercizio durante le mestruazioni perché allevia i crampi, migliorando l’umore e aumentando l’energia.
Volendo andare ancora più nel dettaglio, a seconda della fase mestruale che si sta vivendo ne corrisponderebbe una diversa risposta del nostro organismo. Ad esempio, a livello scientifico viene evidenziato che nella fase di ovulazione ci si sentirebbe più in forze, ma allo stesso tempo si incorrerebbe più facilmente nel rischio di infortuni.
Nella fase follicolare finale (ovulazione) il rischio di farsi male sarebbe maggiore del 32-47% rispetto alle altre fasi del ciclo. È interessante notare che questa stessa fase è spesso vissuta dalle atlete come un momento di particolare energia, in cui si sentono, e spesso sono, effettivamente più forti. Questo effetto positivo è verosimilmente dato dall’alto livello di estrogeni associato al basso livello di progesterone.
Possiamo quindi supporre che l’atleta sia portata a spingere il proprio limite, correndo qualche rischio in più. Ma allo stesso tempo non si può escludere che l’attività ormonale influenzi il fisico predisponendo la donna ad infortunarsi.
Ne deriva la necessità di ottimizzare il programma di allenamento per poter sfruttare questa finestra di particolare forza e motivazione, riducendo il rischio di infortuni.
Un campanello di allarme è rappresentato invece da tutti quei casi di amenorrea – assenza di mestruazioni, cosa non rara nelle atlete che praticano sport a livello agonistico. Attenzione, perché tutte le situazioni di amenorrea non vanno trascurate.
L’amenorrea può avere conseguenze molto serie e irreversibili, come l’osteoporosi, e va sempre indagata con il ginecologo. In questo caso non esistono ricerche fai da te su Google o consigli delle amiche, ma è necessario affidarsi a specialisti seri e competenti.
L’assunzione di contraccettivi orali maschera la mancanza di mestruazioni, rendendo insidioso un problema da molte atlete troppo sottovalutato o ignorato. L’assenza di mestruazioni è uno dei sintomi della triade atletica femminile – una sindrome che comprende alterazioni della funzione mestruale, della densità ossea e dello stato nutrizionale.
Ogni componente della triade include uno spettro di segni e sintomi più o meno gravi che ciascuna atleta può manifestare, che delineano una diversa gravità della situazione.
Il segreto è sempre nella moderazione e ne giusto equilibrio, come sottolineano i medici specialisti.
“Una pratica equilibrata e non ossessiva dello sport consente di scaricare in modo sano i molti stress della vita, diventa un fattore di salute anche dal punto di vista del ciclo – sottolinea la dottoressa Alessandra Graziottin, direttrice del centro di Ginecologia del San Raffaele Resnati di Milano – un ragionamento valido per la maggioranza delle donne, ma non per tutte.”
La Graziottin aggiunge infatti che “le possibili eccezioni sono rappresentate da quelle donne che hanno cicli molto abbondanti (20 per cento delle italiane) e/o molto dolorosi, spesso sottesi da un’endometriosi non ancora diagnosticata. In questi casi la soluzione corretta non è rinunciare allo sport in quei giorni, ma effettuare una terapia appropriata (pillola, cerotto, anello vaginale o progestinico) così da riportare la quantità di flusso alla normalità, riducendo marcatamente il dolore mestruale per avere una vita normale in maniera continuativa”.