Due ore e 42 minuti di gioco per conquistare il terzo titolo dello Slam. Praticamente, ha impiegato meno tempo Jannik Sinner a vincere uno Slam che noi a completare la maratonina dei Tre Comuni.
Mentre il numero uno del mondo metteva a segno il suo secondo trionfo in Australia e il terzo trofeo Slam in carriera, noi arrancavamo sulle salite della Nepesina, nei 22 km di gara, invocando un tie-break… ma niente da fare.
La cosa più sorprendente, però, è stato il clima che si respirava in gara: molti atleti, tra una salita e l’altra, si chiedevano come stesse andando il nostro campione. Era un misto di fatica, passione e puro divertimento, come se il tennis fosse diventato il nuovo sci dei tempi di Alberto Tomba. Con una differenza fondamentale: oggi andare “sotto rete” è alla portata di tutti, anche solo con una racchetta da padel.
La verità è che chi pratica sport, anche solo a livello amatoriale, vive i successi degli atleti in modo diverso. C’è una connessione che va oltre il tifo: è la consapevolezza della fatica, del sacrificio e della perseveranza, quei dettagli che si nascondono dietro ogni punto conquistato sul campo.
A dirla tutta però ci abbiamo messo meno del tempo impiegato da Sinner a vincere la finale di Melbourbe, e ad ogni modo quando lui ha alzato le braccia al cielo noi eravamo ancora in macchina, sulla via del ritorno verso la Capitale.