Può un viaggio cambiare la nostra vita?
Sicuramente si.
Ci sono viaggi dai quali non si torna, e viaggi dai quali si torna tanto cambiati da non essere più gli stessi.
“E’ pericoloso uscire dalla porta”, ammoniva il saggio in un libro che ho amato “Ti metti in strada, e se non dirigi bene i piedi, non si sa dove puoi finire spazzato via”
Ed è proprio con un viaggio che inizia la storia di Brandon Grimshaw.
Ma non un viaggio speciale, o un viaggio dell’anima. Il più classico dei viaggi turistici.
Brandon è un aitante trentacinquenne, e lavora a Londra come direttore di un giornale.
Fa una vita frenetica, forse addirittura rampante, quando nella primavera del 1962 decide di prendersi una vacanza, e acquista un pacchetto viaggio per una settimana alle Seycelles, sull’isola di Mahe: una settimana lontano dallo stress e dal grigio di Londra, una settimana di sole, mare, sabbia bianchissima e cocktails variopinti.
Durante il suo soggiorno partecipa ad una delle escursioni organizzate dall’Hotel. Immagino che con il marketing odierno sarebbe qualcosa tipo “Tour delle isole selvagge”: una guida locale che con un barchino accompagna i turisti, portandoli a sbarcare sulle spiagge degli isolotti deserti.
Del resto ci doveva essere l’imbarazzo della scelta: le Seychelles contano 115 isole, molte delle quali minuscole e, all’epoca, completamente disabitate.
Me lo immagino Brandon a piedi nudi, con un cappello a tesa larga e una camicia da turista, che gira col gruppo di turisti a caccia di emozioni take away e qualche bella foto: passano di isola in isola con quella contentezza vaga tipica delle escursioni turistiche.
Finché il gruppo arriva sull’isola di Moyenne, un fazzoletto di terra a 4 Km dalla costa nord di Mahe.
E qui succede qualcosa.
Appena posati i piedi sulla sabbia dell’isola, qualcosa scatta nella testa di Brandon.
Non ascolta più la guida che parla, non sente più il chiacchiericcio del gruppo; rimane lì imbambolato a guardare la boscaglia disordinata.
Risalgono in barca, gruppo riparte verso un nuovo atollo, ma Brandon continua a guardare Moyenne con aria sognante.
Nel momento in cui è sceso dalla barchetta, Brandon ha incontrato il suo destino.
Così non si stupisce (quasi fosse il corso naturale delle cose, o una conferma di quello che già sentiva dentro di se) quando nel corso dello stesso pomeriggio in hotel scopre che l’isola è in vendita, e può acquistarla per 8000 dollari.
Brandon non ha esitazioni: la sera stessa, prima di mezzanotte, conclude la transazione e diventa il padrone di Moyenne.
Poi torna a Londra, lascia il lavoro, vende i suoi beni, risolve un po’ di formalità burocratiche e tutto contento si trasferisce sulla sua isola disabitata.
E lì inizia la sua nuova vita.
Si costruisce una capanna, ed inizia a lavorare all’isola, determinato a trasformarla in un paradiso.
Apre sentieri nella vegetazione, pianta alberi, accudisce tartarughe, costruisce rifugi per gli uccelli: giorno dopo giorno, felicissimo ed instancabile.
Un pomeriggio sbarca sull’isola un pescatore di un’isola li vicino, con un nome bellissimo (il pescatore, non l’isola): Renè Antoine Lafontaine.
Renè vede quest’uomo che pianta alberi, incuriosito gli si avvicina, ed in qualche modo iniziano a comunicare. Ed evidentemente si capiscono molto bene.
Nei successivi quarant’anni i due pianteranno oltre sedicimila alberi, costruiranno circa cinque chilometri di percorsi naturalistici, alleveranno decine di animali in via di estinzione, tra cui le rarissime tartarughe giganti di Aldabra.
Nel corso di quei quarant’anni Renè farà la spola con la sua isola d’origine, mentre Brandon rimarrà per sempre l’unico abitante dell’isola.
Nel 2002 Renè muore di vecchiaia, Brandon, che ormai di anni ne ha settantacinque, rimane solo a portare avanti il lavoro.
Ma grazie all’incessante lavoro di Brendon, il progetto di trasformare l’isola in un paradiso diventa realtà, tanto che nel 2008 il principe dell’Arabia Saudita offre a Brandon 50 milioni di dollari per comprare la sua isola: illuso.
Cosa poteva mai farsene un uomo come Brandon dei soldi?
“Non voglio che l’isola diventi un luogo di vacanza esclusivo per ricchi. Meglio che sia un parco Nazionale che tutti possono godersi” dichiarerà l’arzillo ottantenne ai giornalisti.
E quest’ultimo obiettivo è stato raggiunto due anni dopo, quando l’isola di Moyenne è stata dichiarata Parco Nazionale tutelato nelle Seyschelles.
“Ti sei mai sentito solo?” chiese una volta un giornalista a Brandon.
“Certo, un sacco di volte, quando vivevo nel mio monolocale a Londra” rispose lui, col sorriso dolce e quegli occhi luminosi di chi ha capito qualcosa che noi forse non siamo ancora riusciti a comprendere.
Brandon è morto nel 2012, lasciando l’isola in eredità ad una Fondazione senza scopo di lucro, con la finalità di preservare l’isola e garantirne la fruibilità per tutti, nel rispetto dell’ecosistema.
Sulla sua tomba, su una collina della sua isola, ha fatto scrivere:” Moyenne mi ha insegnato ad aprire gli occhi alla bellezza che mi circonda e a dire grazie a Dio”.
Il Brandon trentenne, londinese rampante, sentiva un’inquietudine: è partito, e in Viaggio ha incontrato la sua Strada; poi ha avuto il Coraggio di seguirla.
Evviva gli inquieti.
Evviva chi ha il coraggio di mettersi in viaggio.
Salveranno il mondo.
#StorieDaCaffè