Ma i vostri figli vi chiedono mai com’è andata la gara di domenica? Quanto ci avete messo, o magari dove avete corso?
Alla luce di questo (scarso) interesse, se mai il destino volesse che un giorno vi chiedessero di correre insieme… mi raccomando: non esultate, non gioite. Fingete una calma anonima, la pazienza tipica di chi sembra non dare peso alla cosa.
Mentite, come solo un genitore sa fare. Il vostro entusiasmo potrebbe essere controproducente.
Perché a loro non importa nulla della vostra corsa. Dei vostri amici della corsa, della squadra con dentro gli amici della corsa. Delle corse all’alba di cui non sanno nulla, delle trasferte ad orari improbabili alla “corsa del fagiolo scureggione” a Ischiano Scalo.
Per non parlate dell’ennesimo modello di scarpe che vi siete comprati e che sfoggiate fieri, alla sera davanti a tutta la famiglia — quelle che, nel loro immaginario, distano almeno quattro galassie dal concetto stesso di “scarpe nuove”.
Le vostre saranno sempre troppo colorate, troppo vistose, troppo tutto.
Una volta, forse, l’unica curiosità era per il pacco gara: merendine, succhi, e altre inutilità di settore. Ma erano piccoli. E onnivori. Oggi li aprono solo se ci sono barrette proteiche, frutta secca, gadget utili al loro cross fit, e vita da sala pesi…
Oggi, se vi seguono in qualche gara, è solo perché gli avete promesso New York, Londra, Chicago, Boston, Berlino, Tokyo o Sydney.
E lo fanno, ovviamente, senza sapere nulla del medaglione che vi appenderanno all’arrivo — anche perché, all’arrivo, loro non ci saranno.
Vi aspetteranno sulla Fifth Avenue, con la carta di credito in mano, la vostra.
Però… vuoi mettere che bello correre con i figli?
Ps – la foto in copertina risale alla notte de tempi, ovviamente.