Ho rivisto da poco “La Grande Olimpiade“, il film ufficiale dei Giochi di Roma ’60, confezionato da Romolo Marcellini. il film si trova con una buona qualità su youtube, mentre il DVD è quasi introvabile.
È un documentario, quindi non ha certo lo “storytelling” di un film, ma è un prodotto talmente bello, che ha ricevuto diversi premi internazionali e addirittura una nomination all’Oscar.
Andrebbe visto, per comprendere il fenomeno olimpico, almeno, come lo si viveva nel 1960, a soli 15 anni dal termine di una delle guerre più sanguinose che si siano combattute.
In questo contesto, emerge la figura di Abebe Bikila, atleta etiope, che porta con se tanti di quei messaggi che si è imposto negli anni come una figura leggendaria.
Leggendaria fin dalla nascita, il 7 agosto del 1932, esattamente il giorno in cui Juan Carlos Zabala vinceva la Maratona Olimpica di Los Angeles.
Partiamo dal punto di vista tecnico, Bikila conquista Roma studiando bene il tracciato, ha un allenatore europeo, il finlandese Onni Niskanen, è abituato ad allenarsi negli altopiani etiopi oltre i duemila metri.
Tutte cose che oggi, a sessant’anni di distanza sono “normali”.
Bikila vince due olimpiadi di seguito a suon di record del mondo ed è praticamente imbattuto in quegli anni sulla distanza di Maratona.
Ne corre 12 tra Roma 1960 e Seul 1966. Perde solo a Boston nel 1963 arrivando quinto, molto probabilmente per aver sottovalutato le condizioni meteo e il tracciato nervoso della più antica maratona del mondo, correndo in testa per 18 delle 26 miglia.
A Tokyo vince nonostante il 16 settembre si sia operato per l’asportazione dell’appendice. Il 21 ottobre vince la sua seconda Maratona Olimpica con il nuovo record del mondo di 2h12’11”.
Si ritira nelle sue due ultime Maratone, per via di un problema al ginocchio che non riuscirà a risolvere, l’ultima alle Olimpiadi di Città del Messico dove gli viene assegnato il pettorale n.1 ma abbandona poco dopo il decimo km.
Bikila vince a Roma scalzo, altro elemento che nell’immaginario collettivo centra in pieno la “sofferenza” del maratoneta.
In realtà fu una scelta tecnica, dopo aver visionato il percorso, insieme al suo tecnico, decise di correre scalzo perché si sentiva più sicuro nel tratto più complesso dell’Appia Antica.
Per lui non era una pratica sconosciuta, alternava allenamenti con le scarpe o senza.
Bikila poi è il primo atleta dell’africa a vincere una medaglia d’oro alle Olimpiadi. Almeno tecnicamente, perché nel 1928 ad Amsterdam, sempre nella maratona aveva trionfato un algerino, Boughera El Ouafi, ma all’epoca era colonia francese, così come Alain Mimoun, il più grande maratoneta francese vincitore a Melbourne, appena quattro anni prima di Bikila era nato e cresciuto in Algeria.
Negli annali resta comunque la vittoria di Bikila, rappresentante dell’Etiopia, uno dei pochissimi paesi indipendenti dell’Africa, a parte la breve parentesi italiana dal 1936 al 1941.
Nel 1960 sono ben 17 i paesi africani a dichiarare la propria indipendenza dai colonizzatori europei. Vincere a Roma, per un etiope ha ovviamente un significato particolare che va al di là della “semplice” vittoria sportiva.
Non è un caso se oggi l’Etiopia è l’unico paese africano ad avere un Presidente donna.
Quindi non solo il destino della nascita, la vittoria a piedi nudi, il record del mondo, l’Arco di Costantino (era la prima volta che si arrivava fuori dallo Stadio), il primo Oro per l’Africa. C’è anche un significato politico che scuote il mondo.
Bikila è stato il precursore, da qual momento l’Africa ha vinto 8 titoli olimpici in Maratona e 20 delle 45 medaglie di questa specialità.
È stato per i tanti mezzofondisti africani, il segnale: SI-PUO’-FARE!
Così come Bannister diede il via a una pazzesca sequenza di -4′ sul miglio (il suo record durò 47 giorni), così Bikila diede il via al fenomeno dei fondisti africani.
La sua leggenda, non sarebbe tale, se non fosse passata anche dalla grande sofferenza. L’incidente che lo inchiodò sulla sedia a rotelle avvenne nel 1969 e da lì parte la sua sfida alla vita.
È in cura per 8 mesi in Inghilterra, dove riesce a recuperare l’uso delle braccia.
Nel 1970 partecipa agli Stoke Mandeville Games di Londra, i precursori dei giochi paralimpici.
Tira con l’arco e gioca a tennis tavolo, ma la sua sfida si sposta in Norvegia nel 1971 dove gareggia in una corsa sulle slitte trainate dai cani, dove anche lì, vince.
Nel 1972, viene invitato alle Olimpiadi di Monaco. Durante la cerimonia di apertura viene presentato al pubblico che gli tributa un ovazione alzandosi tutto in piedi.
Alla sua morte, avvenuta per emorragia cerebrale il 25 ottobre del 1973, l’Etipia proclamò un giorno di lutto nazionale, e ai suoi funerali presero parte 65.000 persone, compreso l’imperatore Haile Selassie.
Sulla sua tomba ci sono tre iscrizioni in amarico, italiano e giapponese.
Bikila è stato fonte d’ispirazione anche nel cinema e nella letteratura. Nel famoso film “Il Maratoneta” con protagonista Dustin Hoffman ci sono diverse scene riprese dalla sua vittoria a Tokyo.
Anche in “Un ragazzo di Calabria” di Comencini, ci sono alcune scene che riprendono la Maratona Olimpica di Roma. Nel 2009 c’è stato un film sulla sua vita, “The Athlete” dove viene interpretato da Rasselas Lakew.
Esistono diverse biografie di Bikila, di Yamada Kazuhiro la versione giapponese, dal titolo “Ti ricordi di Abebe?” scritta nel 1992.
Nel 2007 Paul Ramball scrive “Barefoot Runner”, mentre nel 2009 è Tim Judah a scrivere “Bikila:Ethiopia’s Barefoot Olimpian”.
La biografia più completa e attendibile rimane quella della figlia Tsige: “Trumph and Tragedy”.
Per quanto riguarda l’Italia ci sono due libri firmati da Valerio Piccioni e Giorgio Lo Giudice, “Un sogno a Roma” (ed. ACSI) del 2003, e “La Rivoluzione di Bikila” (Ed. Bradipolibri) del 2010. Recentemente è uscito “Vincere a Roma” di Sylvain Coher.
Numerosi i premi in giro per il mondo ma il più prestigioso è quello del New York Runners Club il Bikila Awards.
Ad Addis Abeba lo Stadio è a lui intitolato come a Ladispoli c’è il ponte pedonale Abebe Bikila.
Su Via di San Gregorio c’è una targa che ricorda l’impresa olimpica e in diverse città del mondo ci sono vie a lui intitolate.
Dall’8 novembre dello scorso anno, anche Roma ha la sua Via Abebe Bikila (almeno sulla Carta).
Sarà assegnata in un quartiere in costruzione vicino alla Cecchignola.
Bikila rappresenta indubbiamente una figura “mitica” della Maratona e dello sport tutto.
Roberto De Benedittis
Il ponte dedicato ad Abebe Bikila nella cittadina di Ladispoli sul litorale a nord di Roma