Il runner italiano è forse tra i più pazienti, per dover far fronte alle condizioni delle città, delle strade, del verde pubblico in cui corre. Quello che è certo, correre in Italia è un bel lavoro di tolleranza, e per alcuni ancora di più.
A dicembre si chiude il terzo anno di vita come atleta RunCard.
Ho più volte sostenuto che per come è entrata nel mondo podistico, ad oggi è uno strumento zoppo, grandi potenzialità ma sfruttate male. Che tra la RunCard e gli organizzatori ancora non c’è pace lo abbiamo ampiamente provato…
Poi c’è la questione gare in pista.
In questi tre anni ho sempre pensato che essendo io un atleta affiliato alla Federazione italiana di Atletica leggera e siccome fin da bambino, la parola atletica, mi ha sempre fatto pensare ad una pista in tartan, da grande non mi sono preoccupato se io possa o meno partecipare ad una gara in pista.
E invece…da regolamente RunCard: La Runcard è un tesseramento individuale che permette, a chi la possiede, di partecipare a maratone, mezze, campestri e trail in tutta Italia, esclude quindi solo le gare su pista, che non sono comprese nel tesseramento.
Un possessore di RunCard e’ assicurato (Unipol) come tutti gli iscritti a una ASD affiliata Fidal, ha il certificato medico sportivo valido. Inoltre sappiamo bene che
“La FIDAL promuove, organizza, disciplina e diffonde la pratica dell’atletica leggera in armonia…”
Infatti la RunCard è nata per avvicinare i neofiti al podismo. Doveva durare un anno, poi il neo runner avrebbe dovuto entrare a far parte di una ASD. E capisco che in queste condizioni chi non ha mai corso una gara avrebbe potuto correre più facilmente in strada.
Ma nel frattempo le RunCard crescevano e non solo, una certa scomodità in seno alle ASD erano il campanello di allarme per far sì che la RunCard potesse diventare una alternativa per correre in libertà anche per chi già correva.
I numeri insomma tornavano utili e i soldi pure. Ecco che il progetto RunCard ha allargato le braccia è tenuto tutti senza limite di rinnovo.
A questo punto però ecco il corto circuito. Perché se io corro da 20 anni, ho esperienza, ma non voglio essere parte di una ASD, in queste condizioni non posso correre in pista?
Di fatto la RunCard ha tracimato nelle sottoscrizioni, e una delle cause ricadono sui presidenti e società che non hanno saputo valorizzare i loro di tesseramenti….
Se ci fosse un discorso costruttivo, il non poter partecipare alle gare in pista (e parliamo di oltre 15.000 RunCard) potrebbe essere un’arma in piu in mano ai presidenti, che però non sfruttano.
Non fanno promozione, non fanno marketing, tutto si riduce al prezzo pagato. oramai il running è un vero e proprio “prodotto” con le sue regole commerciali, strategie.
I presidenti sono rimasti indietro, per pigrizia e per scarsa conoscenza e volontà di cambiare le cose. Sui siti delle società nessuno spiega bene ed in maniera convincente le differenze tra i vari tesseramenti e perché sia “straconveniente” affiliarsi a una società fidal…
La sola certezza è che la RunCard colma un vuoto che i presidenti lasciano che si allarghi sempre di più, con un emorragia da gazebo senza precedenti.
Marco Raffaelli