Parigi 2025: la maratona degli abbandoni – cosa è successo davvero?

Il 13 aprile 2025, Parigi ha vissuto una delle edizioni più discusse della sua storica maratona. Con oltre 55.000 iscritti, la 48ª Schneider Electric Marathon si è trasformata in un banco di prova non solo per gambe e polmoni, ma anche per l’organizzazione e la tenuta psicologica dei partecipanti. A scuotere il mondo del podismo non è stato solo il rombo dei passi sugli Champs-Élysées, ma un dato che ha acceso un campanello d’allarme: più di 4.000 abbandoni lungo i 42,195 chilometri.

Un tasso di DNF (Did Not Finish) tra il 7 e l’8% – quasi il triplo rispetto al 2024 – rappresenta un’anomalia che merita un’analisi approfondita. Perché così tanti hanno gettato la spugna?

Tra ecologia e caos: il ristoro nel mirino

Tra i principali imputati c’è la nuova gestione dei punti ristoro. Addio bottiglie di plastica, benvenuti tumbler ricaricabili: una scelta ecologica, ma logisticamente disastrosa. Code, disorganizzazione, volontari sopraffatti. I corridori, già provati, hanno perso minuti preziosi a riempire bicchieri invece di idratarsi in modo rapido ed efficace. Per un maratoneta, anche pochi secondi possono fare la differenza. Per un dilettante mal preparato, possono segnare il confine tra arrivo e ritiro.

La maratona dei “like”

Il boom dei social ha ridisegnato anche il profilo del maratoneta amatoriale. Sempre più spesso, correre 42 km diventa un’occasione per postare selfie, aggiornare follower, guadagnare approvazione digitale. Ma dietro l’immagine patinata si cela spesso una preparazione superficiale: lunghi sporadici, allenamenti scambiati per passeggiate, incroci sportivi confusi (una partita a padel non sostituisce un medio da 20 km). Quando la strada si fa dura – una salita in più, una temperatura imprevista, un ristoro complicato – il castello crolla. E con esso, l’illusione.

L’élite vola, la massa cede

I top runner, come Mulugeta Uma e Tirunesh Dibaba, hanno dominato con la consueta eleganza. Ma è tra i dilettanti che si è consumato il dramma. Per molti, correre a Parigi è il sogno di una vita. Ma una maratona non si improvvisa. La distanza non perdona, specie se affrontata con l’idea che basti “aver corso un 30K una volta” per essere pronti. Gli abbandoni nel Bois de Boulogne non sono stati un fallimento personale, ma un riflesso di un sistema che banalizza l’impresa sportiva.

Prepararsi è (ancora) l’unica ricetta

Allenarsi seriamente per una maratona significa investire tempo, energie, consapevolezza. Richiede mesi di uscite calibrate, alimentazione curata, riposo attento e, soprattutto, umiltà. La corsa è una disciplina esigente. Parigi 2025 ce lo ha ricordato con durezza.

Parigi resta un sogno, ma serve più realtà

Nonostante i disguidi, la maratona di Parigi conserva il suo fascino: correre tra Notre-Dame e la Torre Eiffel rimane un’esperienza senza eguali. Ma il futuro passa per una riflessione collettiva: organizzatori più vicini alle esigenze dei partecipanti, e runner più consapevoli del viaggio che stanno per intraprendere.

Se vogliamo evitare un nuovo “caso Parigi”, il 2026 dovrà essere l’anno della maturità. Per tutti.