La Joëlette e inclusività, riflessioni post-Campionati del Mondo in Francia

L’11 maggio 2024 ha segnato un momento significativo per l’inclusività nello sport: in Francia si sono tenuti i Campionati del Mondo di Joëlette, precisamente a Chatillallon Page, vicino a La Rochelle.

Questo evento ha visto la partecipazione di squadre composte da atleti con e senza disabilità, competendo insieme in una corsa di 13 chilometri su percorsi di terra, sabbia e asfalto.

La Joëlette, carrozzina monoruota ideata inizialmente per permettere alle persone con disabilità di partecipare ad escursioni e poi entrata anche nel mondo delle gare podistiche, è stata protagonista dell’evento. Ogni team era formato da un capitano con disabilità fisica, sensoriale o cognitiva e da quattro “alfieri”, o runner, che collaborano per garantire equilibrio, spinta e direzione.

L’Italia, che era alla sua quarta partecipazione, è stata rappresentata da due squadre romane gestite dall’associazione “Sod Italia APS” che si impegna attivamente nell’inclusione attraverso lo sport. La squadra “Dajone” era capitanata da Carolina Pagani, con i corridori Tommaso Vitali, Luigi Cataudella, Luca Lopez e Pietro Angelini. La seconda squadra, “Ruote a spasso”, vedeva Roberta Pirone come capitana, affiancata dai runner Alberto Pietromarchi, Candiana Fazio, Tommaso Pavolini e Filippo Masetti.

Diana Vitali, presidente di Sod Italia APS, spiega l’importanza della collaborazione e del ruolo di ciascun membro: “Chi è dietro garantisce l’equilibrio, chi è avanti si dedica a spinta e direzione.

Il capitano è al centro e la sua partecipazione attiva, preparazione e resistenza sono fondamentali.” Questi atleti si allenano regolarmente nei parchi romani, come Villa Ada e il laghetto di Tor di Quinto, preparandosi per eventi che, come sottolinea Vitali, “non conoscono barriere e differenze tra sport olimpico e paralimpico.”

Il supporto di enti come la FISPES (Federazione italiana sport paralimpici e sperimentali) e la FIDAL (Federazione italiana di atletica leggera) evidenzia il crescente riconoscimento e supporto verso lo sport inclusivo.

La competizione si distingue non per la classifica, ma per il significato più profondo di inclusione e superamento delle differenze. Carolina Pagani, dopo la gara, ha espresso orgoglio per la resilienza del suo team: “Non ci siamo arresi mai nonostante fatica e durezza del percorso”. Alberto Pietromarchi aggiunge un ulteriore spunto di riflessione: “Ci torno ogni anno: è un’esperienza indimenticabile. Corriamo insieme, alla velocità del più lento, e questo crea uno scambio di conoscenze che arricchiscono l’un l’altro.”

Questi Campionati del Mondo di Joëlette rappresentano dunque non solo un evento sportivo, ma un vero e proprio manifesto di ciò che lo sport può e dovrebbe essere: un ponte tra mondi, una celebrazione della forza umana e dell’unità nella diversità.