Memorie dell’eterno Bottom Running

Il Bottom Running lo abbiamo conosciuto esattamente 10 anni fa come un movimento anarchico, acefalo, non a caso il fuoco d’interesse non era la testa, bensì il culo.

Andrea Furlanetto fu il teorico e l’ideologo della filosofia sportiva. Appassionato ultra maratoneta e vervido sostenitore delle imprese dell’atleta turco Edy Okan, si impegnò negli anni nel tramandare ai posteri la verità sul tema, evitando distorsioni e dispersioni così comuni in questo proteiforme contenitore che è il web.

Innanzitutto, è di fondamentale importanza affermare qui che il bottom running nacque come movimento indipendente, senza un’organizzazione o una connotazione territoriale.

Il nucleo originario di poche unità agiva in modo informale, trasversalmente al sito podisti.net.

Ci qualificavamo individualmente come Bottom Runners nel forum e tentavamo di portare alla nostra causa altri podisti, con l’arma dell’inquinamento ridanciano e vagamente dadaista dei posts semiseri (ciò che tecnicamente si definiva ‘svaccamento’).

Il moderato progresso e il sostanziale disinteresse per un’escalation dalla guerriglia dialettica alla campagna di reclutamento, fece sì che ci fosse una naturale trasmigrazione nell’alveo della Brigata Tapasciona di cui noi Bottom Runners condividevamo molte motivazioni podistiche e con la quale si scorse l’opportunità di fare massa critica.

In qualche modo, il nucleo eminentemente nord-milanese della Brigata Tapasciona accolse la sparuta e variegata pattuglia di bottom runners e tuttora ci lega una forte relazione di affetto.

A differenza dei commendevoli Podisti da Marte, che hanno consacrato la loro corsa a finalità sociali, la Brigata Tapasciona traeva il suo fondamento nella convivialità e nella gioia di passare del tempo assieme con la scusa della corsa.

Anche se possiamo occasionalmente impegnarci in qualcosa di più alto, oppure aderire a iniziative di solidarietà, noi Bottom Runners rivendichiamo la nostra intima natura di cazzari cui piace guardare il culo delle podiste o dei podisti che ci precedono, a seconda del nostro gusto estetico ed orientamento sessuale.

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Riporto di seguito una versione lievemente adattata del nonalogo dei Bottom Runners, rispondendo al quale ognuno può valutare il suo grado di aderenza a ideologia, teoria e prassi del movimento.

Corro per stare meglio, inspiro aria fresca ed espiro preoccupazioni, pensieri, fastidi.

Non mangio meglio per correre di più, bensì corro meglio per mangiare di più.

Sono il mio unico avversario, ma sono anche uno sportivo e – rispettando l’avversario – rispetto anche i miei limiti.

Non mi fermo, ma rallento prima di stare male.

Se inizio una gara, la porto a termine, ma senza eroismi.

Nessuno mi paga per correre e nessuno si lamenterà se arrivo più tardi.

Delle gare ricordo la compagnia, i panorami… e anche i tempi.

Le corse più belle sono quelle oltre i 25 km, perché è scientificamente provato che la fatica ammorbidisce i caratteri più superbi. Chiunque accetterà un incoraggiamento e financo un puerile complimento dal 25° km in poi.

Ciò è fondamentale, perché come Bottom Runner traggo motivazione anche osservando il culo degli atleti del sesso che risponde ai miei gusti.

Il Bottom Running è sempre vivo, evvia il Bottom Running.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso