Appena rientrata dalla Maratona di Berlino, che si è svolta lo scorso 25 settembre, la campionessa Franca Fiacconi ci racconta con tutto il suo entusiasmo questa esperienza internazionale.
Franca torna così nelle vesti di allenatrice a Berlino dove nel 2000 arrivò seconda nel in 2h26’ .
Oggi Franca ha presenziato all’evento in qualità di allenatrice ma conosciamo tutti i titoli di questa campionessa che nel 1998 fu la prima ed unica donna italiana a vincere la Maratona di New York con un tempo di 2:25’17” a conquistare quel podio.
Franca, nell’ambito delle Maratone internazionali post Covid come hai trovato l’organizzazione di questa gara?
Berlino è una di quelle Maratone che da sempre funziona bene. Lo dico sia dal punto di vista logistico che per ciò che concerne il percorso di gara. Una competizione “ordinata” se così possiamo definire, come per tutti i paesi del nord Europa.
Per quanto riguarda la situazione Covid devo dire tutto si è svolto in una contingenza di assoluta normalità, nessun obbligo di mascherine ad esempio. La differenza ora è nelle persone che decidono o meno come comportarsi.
La partecipazione all’evento è stata enorme, come se nulla fosse successo.
In Italia adesso dal punto di vista delle gare viviamo un momento diverso, invece. Ma sin dall’inizio l’approccio al Covid è stato gestito diversamente con restrizioni più forti e forse questo approccio si riflette ora sulle gare e si fa fatica a ripartire.
Franca raccontaci del tuo percorso di allenatrice che svolgi ormai da molti anni.
Il mio percorso di allenatrice si è realizzato prima ancora negli studi che ho svolto, prima l’ISEF e poi successivamente il percorso di studi che ho svolto ad Urbino in “Scienza e Tecnica delle Attività Sportive”.
Il mio percorso da atleta professionista infatti non poteva da solo bastare a svolgere questo mestiere dove è necessario arrivare preparati.
Oltre a questo c’è la grande voglia di trasmettere la passione e quello che ho imparato in questi anni di professionismo nell’atletica.
Sai Chiara, la mia carriera di insegnate ha avuto inizio nella scuola dell’infanzia per i primi anni di carriera. Attualmente sono concentrata sulla preparazione di atleti amatori e per me rappresenta un lavoro che va fatto a 360 gradi, un vero e proprio percorso da fare insieme. Considero le loro vite ed il fatto che non corrono per mestiere. Anche l’aspetto psicologico è fondamentale.
Se un mio atleta è stressato o attraversa un periodo della sua vita particolare io questa cosa la debbo considerare negli allenamenti.
Nel professionismo è diverso, il campione che sta per affrontare una gara ha un approccio mentale diverso, resetta tutto e da il massimo, è determinato unicamente verso il raggiungimento del suo obiettivo.
Dal mio punto di vista il campione ha determinate caratteristiche, che io rivedo in queste:
- L’approccio mentale: essere determinati al raggiungimento dell’obiettivo. Non ce ne è per nessuno in allenamento e in gara.
- La capacità di sopportare i carichi fisici: perché un allenamento intenso non può essere sopportato da tutti.
- La capacità mentale di sopportare allenamenti durissimi
- La passione
- La genetica
Queste dal mio punto di vista sono le caratteristiche che ha un campione. Quando parliamo del mondo amatoriale tutto è un po’ diverso e in alcuni casi anche più complicato.
In molti casi non riesce a trovare il giusto tempo per allenarsi e se pensiamo a noi donne tutto diventa ancora più difficile vuoi perché dobbiamo conciliare casa, lavoro, famiglia e vuoi perché a volte abbiamo anche paura ad allenarci in determinate condizioni e quindi ad esempio dobbiamo evitare certi posti od orari.
Lasciami dire che le donne in questo sono straordinarie, capaci di tirare fuori una forza incredibile. Determinate ed in grado di dare fuori il meglio di se!
Un’altra cosa che amo fare è quella di guardare ed osservare i giovani atleti per scoprire i talenti. Sarebbe bello che anche questo nel nostro Paese venisse maggiormente sostenuto. A partire dalle scuole dove l’educazione fisica dovrebbe andare di pari passo con quella cognitiva.
I giovani dovrebbero essere accompagnati nello sport maggiormente nelle scuole elementari e medie e poi così al liceo anche da questo punto di vista i ragazzi arriverebbero già formati anche dal punto di vista dello sport.
Anche per noi professionisti sarebbe bello avere un ruolo vero e proprio, saper individuare i talenti, aiutarli a crescere con il sostegno della Federazione.
Sarebbe bello pensare ad una vera rivoluzione in questo senso !
Franca, ma come è iniziato il tuo percorso da atleta professionista. Come è iniziato tutto?
A 12 anni mi trovai a gareggiare per caso per la prima volta a Piazza Navona dove ero andata in realtà a vedere i disegni degli artisti per strada.
Poi in realtà poi proprio li si stava svolgendo una gara di corsa e visto che le ragazze della mia età avevano già gareggiato mi proposero di correre con i maschi della mia età , fuori gara, senza pettorale.
Ma io non volevo essere fuori gara e volevo il numero , quindi mi rifiutai e mi fecero gareggiare con le ragazze più grandi con un paio di superga ai piedi. Be iniziai a correre come una matta e con uno sprint finale mi ritrovai a chiudere come terza in questa prima gara della mia vita dove ancora non sapevo in assoluto cosa significasse gareggiare.
Da li è iniziato tutto, ma all’inizio correvo soprattutto da sola nel mio quartiere l’Alberone a Roma. Poi venne la prima squadra “Tibur Sud” e successivamente il “Dopo lavoro Ferroviario”, poi ho iniziato a correre come mezzofondista ed ero tra le migliori mezzofondiste di Italia.
Fu poi il grande Oscar Barletta, primo tecnico della Maratona femminile, a portarmi alla specialità della Maratona. Fu lui a crederci, ancora prima di me!
L’esordio in Maratona fu il 1 maggio 1989 a Roma a 23 anni. Sono arrivata seconda in 2h e 49min e mi battè una keniana.
Ma quello fu per me un momento importantissimo. Fu un vero e proprio amore a prima vista con la Maratona. Prima di quel momento non avevo immaginato le emozioni, le sensazioni che la Maratona mi avrebbe trasmesso e da li in poi iniziai a preparare solo le Maratone.
La cosa bella è che in tutti quegli anni non ho mai avuto la sensazione di sacrificio, correvo e amavo correre e forse l’unica cosa che soffrivo era la mancanza da casa nei periodi dei raduni fuori città.
E poi arriviamo a New York e quel 1998…
Sono arrivata varie volte sul podio a New York, ma la vittoria del 1998 rappresenta senza dubbio qualcosa di magico, unico ed indimenticabile.
Quell’anno ero serena, molto tranquilla. Avevo ben chiaro in mente come avrei fatto quella gara. Io la volevo vincere New York.
Sono partita a ritmo sin dall’inizio, così io e la primatista mondiale della Maratona , la Kenyana Tegla Lourupe ce la siamo giocata sino all’ingesso di Central Park.Le altre dietro, invece seguivano la nostra scia, ma il gioco lo stavamo facendo noi due.
Poi lei ha mollato ed io in quel preciso momento ho capito che avrei vinto.
Più si avvicinava il traguardo e più mi dispiaceva che quella Maratona stesse già finendo.
Quando sono arrivata ho baciato per terra. E da allora questa è una delle emozioni più grandi di tutta la mia vita che posso ricordare.
Mi ricordo che al ritorno anziché tornare con il volo degli atleti messo a disposizione dalla Maratona di New York, Alitalia insistette per portarmi con loro e in quel volo fu tutta una festa potete immaginare un volo di atleti al ritorno dalla Maratona. Fu una vera e propria festa.
Cosa vorresti dire a chi sta per correre la sua Maratona?
Non è necessario pensare troppo al crono. La cosa più importante è che voi sappiate che state vivendo la vostra personale esperienza di Maratona.
E l’importante sarà portarla a termine.
Poi le cose possono andare bene o male, ma starà poi a voi capire cosa è andato o non è andato. Ma quando siete lì, la dovete vivere.
Dovete sentirla dentro di voi nella vostra pelle.
Non guardate troppo l’orologio in modo da non concentrarsi completamente su di esso, anche perché è solo uno strumento di rilevazione e non tiene conto delle sensazioni che abbiamo in quel momento.
La Maratona la devi vivere, la devi sentire e soprattutto ti devi divertire!