Eccomi qui.
Dopo un anno di pseudovita e nuove abitudini più o meno costose in termini di sacrificio della libertà personale.
Sono di nuovo incanalata verso la start line.
Intorno a me tante persone. Tutte con questa “pezza” bianca sulla faccia.
Ce l’hanno distribuita all’ingresso della griglia ed eccoci qua. Tutti mascherati e pronti a partire. Intorno risuona “The final countdown” proprio come un anno fa. Mi emoziono proprio come allora.
Il petto fa su e giù come in un singhiozzo e sento salire le lacrime.
Tutte le volte che sono in griglia mi accade. Mi emoziono al punto che comincio a singhiozzare.
Tutto è cambiato, ma niente è cambiato. Tutto intorno a me è diverso. Con una sola dose di vaccino ho dovuto fare il tampone alla casa comunale. Negativo. Mi hanno dato il pettorale. Numero 2010.
L’ho attaccato alla cintura che mi ha regalato Maria Grazia quando abbiamo fatto la maratona di Roma e la tengo come un porta fortuna.
Il pettorale è di quegli odiosi in carta patinata che fruscia e taglia, a me piacciono quelli in tessuto non tessuto che non danno fastidio.
Sono in griglia.
La gara è il “Giro del Lago di Resia”. Un posto incantevole in Val Venosta. Carico di magia ed emozioni forti con una storia molto dolorosa alle spalle. Una terra di confine spezzata dall’avidità dell’uomo che tuttavia conserva la meraviglia del suo territorio.
Il lago si trova su un altopiano verde che la pioggia di questi ultimi sette giorni ha reso ancora più brillante. Il cielo plumbeo si specchia nel lago che sembra metallo liquido increspato dal vento. Dall’acqua emerge il campanile costruito nel 1355 ed “annegato” a seguito della costruzione della diga e dell’innalzamento delle acque nel 1950.
Correremo anche li. Sulla diga. Questa muta responsabile dello smantellamento di un intero paese. Custode, in ogni granello di cemento che la compone, del dolore degli abitanti di Curon e di Resia, le cui case sono state smontate e cancellate dall’innalzamento delle acque.
Partiremo da li. Dal piazzale prospiciente il campanile. 2000 podisti pronti a godere della bellezza di questi luoghi magici e un po’ malinconici, respirando la storia, la natura, la pioggia in ogni singolo metro.
Attendiamo il countdown pronti a partire per questa prima avventura post pandemia. Prima per me che non ho voluto sentir parlare di gare virtuali e ho atteso pazientemente che i tempi fossero maturi per respirare una ritrovata normalità.
La pioggia è sottile ed incessante, quasi una nebbiolina che ci accompagna da subito.
Si parte.
Sento la musica e la voce dello speaker che ci incita. Le gambe si muovono alla ricerca di spazio.
“Ricorda Lud. I primi 5k sono in piano e facili ma nascondono un’insidia. Trattieni le gambe, non lasciarti coinvolgere.”
Ho caldo. Non so cosa mi ha detto il cervello e come al solito mi sono coperta troppo. Approfitto per rallentare e non lasciarmi coinvolgere dalla folla che mi circonda e mi supera. Mi sento come l’ultima del serpentone, mi passano da tutti i lati, ma va bene così. È così che deve essere. Almeno per ora.
Mi spoglio. Appallottolo la canotta termica e la infilo nei pantaloncini. Ho il sedere tipo Mami che insegue Miss Rossella per stringerle il busto. Non mi da fastidio, va bene così.
Continuano a sorpassarmi. Anche questo era in conto. va bene così.
Passiamo sulla diga e c’è il primo ristoro. Non voglio perdere tempo. Se assecondo la mia volontà di riposare poi faticherò a ripartire per due miseri sorsi d’acqua. Posso resistere. Voglio resistere e recuperare qualche secondo.
Ho sempre partecipato alle gare senza pensare, senza studiare il percorso, trovandomi sempre impreparata davanti alle difficoltà.
Non mi è mai importato niente, visto che non sono una campionessa ed ho sempre gareggiato per divertirmi con gli amici. Questa gara però è la prima post pandemia e la ritengo un nuovo inizio quindi perché non iniziare a fare le cose come si deve?quanto meno a provarci. Farò così. Non mi fermo. Vado avanti e si comincia a ballare.
Il secondo tratto è un saliscendi lungo più o meno 5k. Comincio a recuperare quelli che mi avevano passata all’inizio. Molti camminano a bordo strada. La quota non aiuta. Con un guadagno di altri 100m rispetto alla quota del paese siamo circa a 1600m e la fatica si sente il doppio.
Per me cresciuta in riva al mare è molto faticoso adattarmi alla montagna.
Sento il respiro che mi si spezza in gola. Rantolo. Rallento. Recupero e riparto. Ce la posso fare. Anche il saliscendi finisce. Vedo il campanile dall’altro lato del lago. A breve la gara sarà finita.
Un po’ mi dispiace, un po’ penso che il traguardo si porterà via anche questa vacanza e con lei le persone meravigliose che ho conosciuto. Se in questo momento avessi accanto Nathalie e il suo passo ritmico e costante faticherei molto meno. Accanto a lei potrei correre anche una maratona in totale tranquillità. Mi infonde serenità e non devo pensare.
I ragazzi sono tutti avanti a me. Sono partiti con la prima onda. Saranno già in dirittura di arrivo.
Imbocco il sentiero che costeggia nuovamente il lago. Le gambe sono sciolte. Non sento la pioggia. Non sento il fastidioso dolore al tibiale. Non sento nemmeno fatica in questo momento. Ho raggiunto quello stato di trance che mi fa andare come un automa.
Vado.
Controllo il Garmin e vedo che sto andando anche benino. Davanti a me un signore con la maglia azzurra. L’ho superato tre volte e tre volte mi ha ripresa. Provo a staccarlo ma proprio non gli va di essere passato. Mi dispiace per lui ma sono determinata a dare il meglio di me stavolta.
Provo a dare un’altra spintarella. Davanti a me una coppia con la maglietta verde. Corrono affiancati. Sono più forti di me ma provo a seguirne il passo. Sembra funzionare.
Il campanile si avvicina. Manca 1km. Che fine hanno fatto i due verdi? Non li vedo più. Sono stanca rallento e seguo due con la maglia azzurra.
Guardo il Garmin e mi accorgo che sto rallentando troppo.
Sento di avere ancora un po’ di fiato e spingo. Sto per entrare nel piazzale. Franca aveva detto che si aspettava un bell’allungo sul finale. Non la voglio deludere ma non so se ho ancora qualcosa. Scavo tra le mie riserve segrete di forza di volontà ed energia e qualcosina forse ancora c’è.
Sono sul prato. Passato l’arco con le mele mancano circa 300m. Inizio ad allungare. Sorpasso i due con la maglia blu ed anche un tipo alto davanti a me. Non sento niente e non vedo niente.
Le gambe vanno da sole e tagliano il traguardo al meglio di quello che potevo dare in quel momento. Non ho fatto un tempone da record. Ho fatto il meglio che potevo. Non ho mollato. Ho dato tutte le energie che avevo.
Oltre quel traguardo la vacanza è finita.
Restano gli amici nuovi e vecchi che ho trovato e ritrovato. Resta il ricordo di quell’aria fredda e pulita che mi riempie i polmoni. Resta il mio nuovo inizio con ampio margine di miglioramento.
Sono pronta per ricominciare.