C’era una volta un soldato, alla fine della guerra, che voleva tornare a casa.
Il viaggio che ha dinanzi a sé, è lungo: dalla Campania al Piemonte, da Caserta a Castellania.
Ma non si scoraggia affatto: egli è un uomo prima che un soldato, un uomo che ha scelto di essere un atleta e consacrare la sua vita allo sport.
Così, con le gambe ancora muscolose e scattanti, inforca una bicicletta militare dalle gomme piene, pesanti, antiforatura, e lascia per sempre la parentesi militare che aveva messo in pausa la sua vita.
Di frequente, Il destino impone a tutti noi degli stop forzati… ma se sei un atleta guardi avanti, oltre l’ostacolo, individuando il sentiero che ti chiama e ti aspetta, al di là della fermata che ti trattiene. Se sei un atleta, sai che quell’arresto è temporaneo, che l’unico modo per smarcarlo è tenersi pronti allo sparo del via, all’annuncio della ripartenza, dal piglio acuto e inevitabile.
C’era una volta allora, un’atleta che voleva risalire la penisola, gareggiare ancora, e regalare la vittoria a sé stesso ed all’intero Paese.
Pedalando pedalando, da Caserta arriva a Napoli, presso la sede del quotidiano “La voce”.
Qui, senza un soldo in tasca, si rivolge a un vecchio amico, il giornalista Gino Palumbo perché lo aiuti a realizzare il suo sogno: trovare una bici da corsa, una bici adatta alle gare.
L’atleta è nel posto giusto: è noto infatti che certi sogni, hanno sviluppo facile in terra partenopea, perché Napoli si fa presto madre della fiducia nel domani.
Pochi giorni e il quotidiano pubblica un avviso per trovare una nuova bici al ciclista che tutti in Italia conoscono, e la cui fama non è stata cancellata dalla guerra e dai 2 anni di assenza.
Così, dall’animo generoso del Sig. Nevano, passando per le mani del Sig. Davino, una vecchia Legnano giunge in dono sino a “La Voce”, ridando al nostro “Stringa” non solo la certezza della gara, ma la vita, la vita nel pieno significato che la stessa, in quel tempo di guerra e morte, può esprimere.
C’era una volta, infine, un campione, anzi “il campionissimo”, che in sella alla sua Legnano, dormì nelle case abbandonate, mangiò quasi succhiando, un pezzetto di cioccolata e pedalò per 800 km in soli 5 giorni.
C’era una volta il grande Fausto Coppi, che ho voluto ricordare insieme a voi, perché egli fu il simbolo dell’Italia che rinasce, che rivive, che si riprende dopo un tempo di dolore, di distanza e di distacco dagli affetti e dai luoghi cari.
Un tempo che si connota di molte somiglianze rispetto a quello che stiamo vivendo oggi, dove l’aiuto dello sport resta fondamentale, come simbolo di forza, di resilienza e di coraggio per vedere, oltre la disperazione, quel futuro dove saremo di nuovo tutti insieme, abbracciati e senza mascherine.
Perché questo è solo un ostacolo, è solo una fermata, ed anche se non abbiamo ancora tutto l’occorrente per il nostro viaggio, anche se la strada è lunga, noi saremo sempre pronti a ripartire e proprio come Fausto, allo sparo del via, riprenderemo a correre, nuotare, pedalare o anche solo a vivere.
Dedicato a tutti i ciclisti, a tutti gli amatori, a tutti gli sportivi, a tutti coloro che conoscono e apprezzano il valore dello sport.
Chiara Agata Scardaci
Fonte: Giulia e Fausto, Alessandra De Stefano