Mi sembra ieri che sono tornata dalla Race Across Limits Sicily e invece è già trascorso un mese da quando ho disfatto i bagagli.
Un viaggio, il periplo della Sicilia che doveva essere intrapreso a maggio, rimandato a causa delle restrizioni per la pandemia e che fino all’ultimo ci ha lasciati col fiato sospeso.
Ai primi di ottobre l’incertezza era talmente elevata che in diversi hanno preferito lasciar perdere, e così, siamo rimasti in cinque a partire.
Ma con una grande novità rispetto agli eventi precedenti: Davide, con mia enorme gioia, ha deciso di far parte della comitiva.
La sua presenza avrebbe complicato un po’ le cose, dal punto di vista della logistica: trovare alberghi con camere accessibili e bagni adatti ad una persona in carrozzina, è un pò come giocare alla caccia al tesoro, inoltre ero un po’ preoccupata del fatto che, accompagnandoci per ogni tappa, avrebbe dovuto trascorrere parecchie ore in auto, ma ero talmente felice di averlo con me che nulla mi sembrava insormontabile.
I timori sono svaniti nel momento stesso in cui siamo sbarcati in Sicilia. I panorami mozzafiato, il clima piacevole, la moltitudine di scenari dovuti alla presenza del mare, montagna e collina, l’accoglienza e la disponibilità degli isolani che si fanno in quattro pur di aiutarti, ti coinvolgono talmente tanto da farti sentire al sicuro.
Ho scoperto con grande piacere, che pedalare in Sicilia è molto più sicuro che da noi, perché c’è molto rispetto nei confronti del ciclista, le strade sono agevoli e i siciliani conducono una vita meno frenetica della nostra.
Inoltre la presenza di parecchi cartelli che avvisano della presenza del cicloturista, ricordano ai più smemorati, di rallentare e porre attenzione.
Ho percorso quasi 1000km in sette giorni, e ogni giorno, quando terminavo la tappa, posavo la bici e uscivo con Davide, per visitare il paese, la città, per addentrarmi nella storia, nella vita di ogni luogo attraversato.
Ho goduto ogni momento di questo viaggio.
Ho assaporato tutto ciò che era possibile, dal profumo intenso del mare, la salsedine, i fiori, il cibo. Ho ammirato i colori del mare, le differenze territoriali e culturali fra una costa e l’altra.
E’ incredibile come a pochi chilometri di distanza si passa da atmosfere nordiche, dovute all’influenza Normanna a quella più esotica frutto dell’influenza Araba.
E Davide con me. I suoi occhi riflettevano i miei stessi pensieri, le mie stesse emozioni, al punto che mi sembrava di aver suddiviso i km per due.
Ero talmente grata di essere lì, con lui, con chi aveva deciso di seguirci, che mi sentivo alleggerita di qualsiasi carico fisico o mentale.
Un’altra cosa ci ha accomunato in quel viaggio, la consapevolezza che al ritorno, tutto sarebbe cambiato, che avremmo trovato altre restrizioni, e che l’umore già compromesso delle persone, avrebbe subito un ulteriore peggioramento.
Le preoccupazioni, l’incertezza, la paura, il senso d’impotenza nei confronti di qualcosa di sconosciuto e indipendente da noi, la disperazione e la convinzione che non ci siano vie d’uscita, sono responsabili della perdita di entusiasmi e della mancanza di voglia di reagire.
Sono tutti stati d’animo che noi abbiamo già vissuto, quando 13 anni fa la nostra vita è stata rivoluzionata a causa della disabilità, improvvisa, di Davide.
Situazione dalla quale ci siamo faticosamente rialzati, utilizzando qualsiasi strumento possibile, dove lo sport è diventato il salvavita per entrambi.
Quello che è stato in grado di riportarci alla normalità, di farci sentire preparati e capaci di affrontare qualsiasi ostacolo o sfida presente sul nostro cammino.
Per questo motivo, oggi, ci sentiamo temprati, combattivi e non abbiamo nessuna intenzione di rinunciare ai nostri sogni o accantonare i nostri obiettivi.
Non neghiamo le difficoltà del momento, osserviamo restrizioni, regolamenti, procedure, ma abbiamo imparato a gestire le nostre emozioni, ad affrontare le nostre paure senza lasciarci ingabbiare, a non farci prendere dallo sconforto o dalla disperazione. Ma soprattutto non abbiamo più intenzione di soffocare la nostra voglia di vivere.
Quella voglia per cui abbiamo lottato e duramente lavorato e che ci spinge a testimoniare che, tutti quanti noi, siamo forti abbastanza per vivere pienamente la nostra vita, che se aiutiamo gli altri è più facile trovare il nostro posto nel mondo, e che come ripeto sempre ai miei coachee: noi non possiamo controllare gli eventi ma possiamo decidere come affrontarli, stabilendo se diventare gli autori della nostra vita e scriverne la storia, o se lasciare agli altri il potere di farlo.
Per questo motivo ho deciso di diventare coach.
Il mio desiderio più grande è accompagnare gli altri nel meraviglioso viaggio alla scoperta di se stessi, alla conoscenza delle loro potenzialità, dei loro talenti, necessari per il raggiungimento degli obiettivi.
Un percorso di crescita personale atto ad acquisire consapevolezza del proprio valore e delle proprie capacità, ma soprattutto elemento indispensabile per poter conquistare quel benessere emotivo a cui, tutti quanti, aspiriamo.
Sabrina Schillaci