Vivere e lavorare in un open space

Vivere e lavorare in un open space ha un ritmo che corre mentre tu stai seduto. Un grande ufficio con dentro tante storie, con dentro altri uffici, con dentro altre persone.

Di quelli che flirtano con tutti e non stanno mai in pace. Quelli che sanno, ti anticipano pensieri e intenzioni, provi a dire una cosa ma loro sanno già cosa dire.

Di chi non ti ascolta e ha fatto già cosa tu farai o trovano uno che ha fatto meglio di te e prima di loro.

C’è chi ti siede accanto per 10 anni e di cui non sai nulla.

Vivere e lavorare in un open space. Una grande scatola contenente scatole, più o meno riempite. 

Scrivanie 160×80: due monitor, un telefono, un pc, tastiera, mouse, fogli, penne e 3 cassetti.

Ci sono quelli che non stanno mai fermi. Chi sbadiglia sempre, chi discute con il mondo e mai con se stessi.

Quelli che facendo il tuo lavoro dicono cose che ti fanno pensare ogni volta “ma che lavoro fanno?”

Ci sono gli ipocondriaci e i malati veri, le abitudini e gli abituati a tutto. Chi cambia vita e non te lo dice, chi vorrebbe cambiare ma non modifica niente.

Quelli che la vita la prendono sempre in salita e chi la racconta come se fosse una discesa.

Vivere e lavorare in un open space, giorni su un calendario, accanto a qualche foto, retaggio di uffici che non mutano e di cui ti assicuravi un margine di storia, la tua.

Vediamo la vita accadere attraverso grandi finestre che hanno davanti altre finestre con dentro un grande ufficio, con dentro tante vite, con dentro altri uffici, con dentro altre esistenze.

Siamo lavoratori seduti, composti, silenziosi, allineati e coperti. Superfici vastissime, con storie di uomini e donne, diverse e necessarie per far battere il cuore di un luogo.

Dalle 8.00 del mattino, alle 7.00 di sera, dentro un tempo troppo lungo si sviluppa il tuo tempo. Abitudini di vita comune. Scenario di un soggetto segno dei tempi.

Arrivano nuove generazioni che si palesano nella loro smagliante volontà di essere ciò che eri tu allora.

Professionalità sedimentate nella routine che solo il desiderio di imparare ti ricordano del valore che hai acquisito in una vita di lavoro.

Siamo i ragionieri del nuovo millennio. In uno schema impacchettato dai regolamenti di multinazionali anonime e con i poteri allungati in tutti i paesi del mondo, ti cullano, ti curano, ti pagano, ti fanno essere parte di un sistema.

A noi non resta che una grande scatola, contenente scatole fatte di persone più o meno felici.

Pausa, caffè

 

Marco Raffaelli

 

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Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso