Tamberi ha perso la fede

Gianmarco-Tamberi

Era scritto nelle stelle. Dal momento in cui Tamberi ha perso la fede nella Senna, il suo destino è stato segnato. Perché con la Fede non si scherza. Dopo l’esito della sua partecipazione, ho scrutinato i diversi commenti e mi hanno colpito, in particolare, quelli negativi. Quelli positivi, si sa, sono scontati, soprattutto perché Gianmarco è un vero campione ed è facile essere dalla parte del vincente, anche quando perde.

A costo di nuotare controcorrente, le critiche vanno sempre considerate, perché essendo più facile rientrare nella maggioranza, le riflessioni possono essere determinate – al di là del responso finale – da quanti corrono il consapevole rischio dell’impopolarità. Deve quindi esserci un motivo (tolto il caso di volersi “distinguere” a tutti i costi) per prendere di mira un bersaglio difficile. E, in effetti, c’è.

I detrattori contestano a Gimbo, anzitutto, l’atteggiamento guascone che appare del tutto fuori luogo per un sportivo professionista, specie quando indossa i colori nazionali. Le “invenzioni” (la barba a metà, presa da un episodio di Lupin III, le molle nelle scarpe, etc.) non si conciliano esattamente con la rappresentatività nazionale. Quando gareggia – almeno con i colori nazionali – non è una “faccenda” privata, ma pubblica e, quindi, un certo contegno è richiesto. Anche, perché, si può dare l’erronea idea che in Italia, ognuno possa fare il cavolo che gli pare. Oltre che essere un atleta, il nostro Gianmarco è anche un lavoratore subordinato, con tutto quello che ne consegue. Se andaste in ufficio con il viso tutto dipinto di blù (modello William Wallace di Braveheart) sono certo che il vostro “capo” non la prenderebbe affatto bene. Anche se, per l’avventura, foste un genio conclamato, il richiamo verbale e, poi, scritto, non ve lo toglie nessuno. E’ il malinteso della libertà, ossia dell’idea, del tutto destituita di qualsivoglia fondamento, che non si debba dare conto ad alcuno. Specie se siamo convinti di essere “diversi” da tutti gli altri.

Inoltre, si rimprovera al nostro saltatore di aver cominciato a scivolare sulla china scoscesa degli influencer, postando ogni bollettino medico. Un po’ come Fedez che, non sapendo più cosa dire, ultimamente passa le giornate al pronto soccorso solo per sfoggiare la cartella sanitaria. Serve a farsi compatire in anticipo? Sono quelle che, nel nostro gergo podistico, sono indicate come “pinocchiate”. Si millantano condizioni fisiche approssimative così:

a) se va male, la scusa era già stata palesata;

b) se va bene, ne esce fuori il “fenomeno” che, nonostante gli impedimenti, porta a casa il risultato.

“Ho ricevuto un sostegno e un affetto cosi grande da parte di tutti voi che mi ha dato una forza unica per rialzarmi da questo ennesimo problema, ma evidentemente doveva andare così…”. Si vince e si perde, bene o male, ma lo stile non è di tutti. Se l’essere uomini (o donne), implica aver raggiunto una “maturità” sufficiente per muoversi in questo nostro mondo, l’essere “atleti” (specie se “campioni”) non è ragione sufficiente per fermare il tempo. Orazio, non certo la scorsa settimana, ha fatto presente che “Est modus in rebus”. La persona avveduta deve sapere come comportarsi in tutte le situazioni. Anche lo sportivo.

Mr Farronato
Mr. Farronato Podista e scrittore. La corsa mi serve per superare i limiti dell’ordinario mentre, scrivendo, supero quelli dello straordinario. Potete trovarmi – sotto falso nome – nelle gare della nostra bella capitale e, soprattutto, alle maratone. La corsa è la soglia del crepuscolo che si affaccia su un mondo diverso.