Le unghie ispessite dei piedi sono un marchio di fabbrica che accomuna quasi tutti gli ospiti, attorno c’è pelle secca, come fosse un terreno arido sul quale non può crescere più nulla.
Il dorso delle mani è macchiato in modo indelebile sulla pelle sempre più sottile, sembra una piccola membrana che sta per cedere da un momento all’altro. Sul resto del corpo i segni permanenti di un percorso che ha messo a dura prova ossa e articolazioni, la carnagione presenta tumefazioni a chiazze, aghi di flebo hanno lasciato solchi sui quali non c’è più spazio per nessun tipo di cura, forse solo una carezza, hai quasi paura di fargliela perché non è detto che la voglia.
Allora lo cerchi con lo sguardo e nel sorriso che ti ricambia c’è scritto tutto, dimentichi le unghie, la pelle debole e le braccia rinsecchite. Anche se per pochi secondi hai dato sollievo a una persona malata, ma sopratutto te lo ha dato lui, lo senti dentro che pulsa.
Dopo il cioccolato caldo irrinunciabile della macchinetta si va in segreteria per gli espletamenti burocratici con tanto di firme e qualche chiacchiera con i presenti, Mimma, Alessia, Tina e Martina.
Mi piace farmi vedere già autonomo e sicuro, che so muovermi con decisione e fermezza. In realtà sono totalmente dipendente da Martina, la mia Tutor, lei lo capisce ma fa finta di niente. Questo tipo di rapporto, nato in modo naturale, fa comodo a tutti e due, lei sa che non sgarrerò di una virgola sugli insegnamenti base e che avrò sempre il rispetto dei ruoli, anche se non sembra. Anche Martina sembra contenta di me, non me lo dice (anzi dice l’esatto contrario) ma io percepisco che tra noi c’è intesa, collaborazione e sopratutto fiducia.
Il mio turno coincide con il giorno in cui viene celebrata in giardino la Messa da Don Arnaldo, un uomo che sa trasmetterti qualcosa di positivo indipendentemente dal tuo credo religioso.
È un momento di aggregazione particolare, l’orario di inizio è orientativo, dipende da quante persone verranno, dal tempo che ci vorrà per radunarle, salire e scendere più di una volta, fare la conta tra chi è allettato e chi meno, chi ancora dorme, chi ce la fa, chi non gli va perchè dalla scorsa settimana è peggiorato, chi sta un po’ meglio e non vede l’ora di scendere, chi vuole risalire appena sceso perché le è poco chiara la cognizione del tempo.
Alla fine si consolida un gruppetto di una decina di persone disposte a semicerchio di fronte la tavola adibita e aggiustata come altare. Nonostante il Covid riusciamo a stare abbastanza vicini, si può interloquire, cantare e pregare, dando l’idea di essere presenti e partecipi, come se stessimo prendendo un thè con i pasticcini. Dopo il saluto del sacerdote, l’atto penitenziale e la prima lettura si arriva al momento della ”liturgia della parola” caratterizzato dalle intenzioni, quelle di “affinchè il Signore……etc etc.
E’ un bellissimo momento quando Don Arnaldo dà la parola a noi per esprimere un pensiero, un augurio, una speranza. C’è chi si rivolge direttamente all’umanità intera, contro la fame nel mondo e la guerra, chi si concentra su un fatto ben specifico auspicando una rapida soluzione, c’è chi prega per i propri familiari e per se stesso, c’è chi ricorda e loda tutto il personale dei volontari, c’è poi quello che perde tutti i freni inibitori ricordando, a volte singhiozzando, momenti difficili della propria esistenza, un lutto, un dispiacere, una delusione, perde l’autocontrollo e in pratica si racconta.
Tutto questo è veramente bellissimo.
Sei lì e ti senti un eletto perché ha condiviso anche con te un suo stato d’animo, un piccolo segreto, una debolezza che fino a poco tempo fa, teneva custodita nel proprio cuore. Il tuo “ascoltaci o Signore” equivale ad un “mi piace” di un post Facebook. Un susseguirsi di “Stories” dove incroci la speranza, la rassegnazione, la delusione o un’aspettativa, il più delle volte improbabile. Ma se serve per rasserenare il cuore , ben venga l’impossibile.
Quanto alla chiacchiere e intrattenimenti vari ho scoperto che mi trovo bene con le persone disponibili al dialogo, se quindi il terreno è facile è una passeggiata. L’obbiettivo è spingersi fuori dalla “comfort zone” per dedicare tempo a quello che non è comunicativo, silenzioso e che, apparentemente, non vuole aiuto. Per ora, egoisticamente parlando, non mi sento pronto e rimando a dopo le vacanze.
Sapevo che prima o poi sarebbe accaduto, tornare la settimana dopo e trovare Caio al posto di Tizio perché purtroppo Tizio non c’è più. Il “Tizio” in questione è Marinella, non pensavo fosse la prima visto che Mario, Dario e Stefano stavano molto peggio, ma un’improvvisa caduta ha accelerato i tempi.
Avevamo legato ed ero consapevole di aver fatto un buon lavoro di ascolto (me lo ha detto anche Martina), una foto di gruppo , un selfie e qualche chiacchiera sul suo passato di soubrette e ballerina avevano creato un feeling, quel feeling che ti porta a cercare quella persona la settimana dopo, e lei che cerca e aspetta la stessa cosa.
Mi dispiace non averla salutata prima che ci lasciasse definitivamente, avrei voluto essere li’ con lei. E’ successo lo stesso con Renata, due chiacchiere, una foto e qualche momento in compagnia. Sono rimasto attratto dal suo viso molto dolce e dal fatto che mi raccontava lo stesso episodio decine di volte.
Ma il coinvolgimento nell’esposizione era sempre pieno di passione da farmelo sembrare sempre nuovo. Alla fine lei rideva, io ridevo e insieme ridevamo, su un aneddoto, sempre lo stesso ma colorato con sfumature diverse, come se fosse la stessa rappresentazione teatrale in serate diverse, anche un’intonazione diversa della voce è una differente forma d’arte. Cosa mi rimane di Renata? Una foto insieme che mi tengo stretta e la stessa opera teatrale recitata una volta all’Eliseo e una al Brancaccio. Cosa mi è rimasto di Marinella ? Una foto, qualcosa in più su Renato Zero (erano amici) e i suoi capelli viola sempre ben pettinati. Cosa è rimasto a loro di me ? Boh, forse niente, qualche ora passata insieme a loro non può aver inciso sull’esistenza di una persona, mi sembra in effetti troppo pretenzioso.
E quindi ? È proprio vero quello che ci hanno detto al corso sin dal primo giorno: E’ molto di più quel che ricevi rispetto a quello che dai.
Concludendo, finora una bella esperienza, man mano mi sono sentito sempre di più a casa. Un grazie particolare a Martina la mia tutor, direi che sono stato fortunato a capitare con lei, c’è intesa, collaborazione e feeling. Poi c’è Tina, che se non si mangiasse le fragole e l’insalata dell’orto seduto, sarebbe una brava volontaria. Mimma è la nostra guida. Attendiamo che Silvana torni ad essere effettiva al 100% per iniziare a essere di nuovo operativi e carichi da settembre.
Buona stagione a tutti
Il racconto di Alberto narra la sua attività di volontario presso ANTEA un’associazione che si prende cura dei malati terminali con cure palliative. Oltre al personale sanitario composto da medici infermieri psicologi e fisioterapisti ci sono i volontari che come Alberto si preoccupano di far compagnia ai malati.