Da un po’ di tempo ho ricominciato a comprare un quotidiano all’edicola sotto casa.
Ne è passato così tanto dall’ultima volta che nel frattempo è cambiato l’edicolante, tante hanno chiuso i battenti e in Italia, ogni giorno, si vendono 4 milioni di copie contro le 6 del 2001.
In questo cambio di abitudini nel consumo della carta stampata voi direte ma perché sei tornato indietro?
La ragione è semplice: sfogliare un giornale è bello, è piacevole e nessuno te lo può portare via, per fortuna.
Ma andando più in profondità, a quelle che sono le vere ragioni della scelta di rientrare dentro un’edicola, stanno nel fatto che oggi la sovraesposizione informativa, la distrazione da tutto senza essere coinvolti direttamente in nulla, mi ha fatto decidere di essere, sì spettatore dei fatti, ma meno passivo e più coinvolto grazie alla carta stampata.
Sul fronte pagine web, tra siti generalisti a pagamento, di approfondimento con la medesima opzione, sacrosanta, la scrittura è un mestiere faticoso quando fatto bene, e va pagato, in questo stato di cose non restava che decidere come spendere i soldi per i canali informativi più vicini alle mie corde di attenzione.
La lettura in generale, compresa quella dei quotidiani non è più come un tempo, è diventata un esercizio complesso e serve trovare il momento ideale per farlo.
Mille scuse, troppi impegni, distrazioni da notifiche puntuali e onnipresenti, agitano la nostra giornata senza mai portarci a un livello di attenzione utile per leggere un articolo, o una pagina di libro, dall’inizio alla fine senza interruzioni.
Di conseguenza, come per lo sport, per cui troviamo la nostra ora di libertà per praticarlo, allo stesso modo ci dobbiamo ritagliare 30 minuti, trenta minuti…(non sono niente in una giornata di 24 ore) per leggere un quotidiano.
La sensazione tattile di tenere un giornale tra le mani, sfogliarlo e annotare le pagine, l’odore della carta, le pile delle copie in casa che si accumulano fa bene a noi e a chi vive con noi, figli compresi.
Farci vedere da loro con lo sguardo lontano da un monitor, uno schermo per un po’, educa, crea curiosità, li aggiorna su altre strade informative percorribili con tempi diversi da un real o un post.
Noi che siamo cresciuti con l’Unità, Repubblica degli anni 70 e 80 portate dai genitori in casa, tutto veniva spiegato e raccontato, ed è servito a capire che in quelle pagine c’era molto di più dei fatti che riportavano, c’era un’attenzione speciale, una volontà necessaria a capire cosa accadeva e non era esclusiva, erano anni in cui la tv era onnipresente.
Leggere un quotidiano ha una sua ritualità non solo fisica, in molti restano sorpresi nel vedermi farlo nelle pause di lavoro, in casa, per strada o dal barbiere il quale li ha tolti per clienti incollati ai loro smart phone.
Nelle 40 pagine che lo compongono ci sono fatti importanti che riempiono le prime 5, poi le analisi su temi caldi o popolari e curiosità di costume, cronaca e sport corredano un contenuto eterogeneo dove chiunque può trovare il suo argomento.
Non serve leggerlo tutto in una volta, o in un giorno solo. Personalmente mi tengo la pagina dei Commenti di Repubblica alla fine. Qui c’è l’Amaca di Michele Serra e il Cucù di Sebastiano Messina, poi, una dopo l’altra le analisi di firme autorevoli, professionisti chiamati a spiegare fatti e situazioni per cui una voce diversa, più attenta, possa aprire un confronto con cognizione e competenza.
La rubrica cultura che permette al lettore di elevare il suo livello di percezione della società su una prospettiva decisamente più nutriente e formativa.
La politica non è noiosa s quando scritta e descritta bene, se seguita nel suo quotidiano dibattito sociale può riaccendere una vivacità partecipata sui temi di confronto tra le parti.
L’economia è ciò che abbiamo nelle nostre tasche e noi carrelli dalla spesa, la consapevolezza di cosa sta accadendo sui mercati finanziari e nelle sedi istituzionali europee non ci renderà più ricchi ma di sicuro più consapevoli e in grado di dire, davanti a un dibattito: “non sono d’accordo” ma con arguzia e cognizione.
Poi ci sono i longoform, gli inserti, i magazine e le lettere al giornale, insomma se ci pensate, a un prezzo medio di 2 euro al giorno, è davvero tanto.
La lettura della carta stampata è figlia di un’esperienza meno distratta rispetto al digitale, in un approccio più tradizionale che consente d’immergersi nelle colonne dei fatti e di concentrarsi sul contenuto.
Un giorno l’amico Marco Patucchi, giornalista economico di Repubblica, oggi responsabile dell’edizione palermitana del quotidiano e grande appassionato di corsa e delle storie di maratoneti, mi disse mentre passavamo davanti a un’edicola: “faranno la fine delle cabine telefoniche”.
La sua fu una profezia che si sta avverando purtroppo, considerando che l’industria dei media si è evoluta notevolmente negli ultimi anni, e sempre più persone si affidano alle versioni digitali dei giornali.
Poi però, dalla strada, il luogo in cui il giornale ha accolto in via esclusiva il suo lettore, vengono storie che ci fanno sperare in una sana convivenza con la rete.
Ogni giorno, quando attraverso in moto il quartiere San Giovanni di Roma, davanti a un’edicola ormai dismessa, con serrande abbassate e sporche, c’è un ragazzo di colore con una pila di giornali e davanti gli para una fila di gente che, soldi alla mano, compra il quotidiano preferito.
In tutto in una scena scontornata e fuori misura, dove l’interesse per il contenuto, il quotidiano, è più forte del contenitore stesso, l’edicola o se volete il web nella nostra vita.
Un angolo di città che fa ben sperare dove nulla è perso nella quotidiana ricerca di notizie su carta stampata.
Domani comprate un giornale, uno qualunque e diteci cosa vi è piaciuto o cosa avete riscoperto e soprattutto dove lo avete comprato.
Buona Lettura.