Dopo il dolore e la paura visti nella mia terra in questi mesi difficili avevo bisogno in qualche modo di ritrovare la motivazione e cacciare il senso di colpa che mi prendeva ogni volta che uscivo di casa per fare ciò che amo di più: correre.
Sono Simone, 33 anni, architetto, e vivo a Castelcovati, un piccolo paesino della provincia di Brescia.
Una sera leggo la notizia che anche la leggendaria 100 km del Passatore quest’anno si sarebbe svolta in modalità virtuale come tante altre gare e, tra uno sbadiglio e l’altro, mi addormento chiedendomi:
“Simo, tu riusciresti mai a correre una 100 km??”
L’indomani, mentre faccio colazione, mi prendo 5 minuti per leggere velocemente di cosa si tratta, e, trovando la cosa piuttosto folle e bizzarra, non posso far altro. Mi iscrivo.
Per dare un senso alla mia partecipazione che andasse oltre l’aspetto sportivo è arrivata l’idea di donare 1 euro per ogni km percorso alla Fondazione AIRC ed ai volontari di Protezione Civile del mio paese, attivissimi in questa emergenza; ma, considerando le mie sole forze ed ipotizzando di percorrere verosimilmente una cinquantina di km, vista la non preparazione per una gara così impegnativa, ho deciso di aprire una piccola raccolta fondi nella speranza che qualche familiare o amico potesse abbracciare l’iniziativa: in pochi giorni sono arrivate decine di manifestazioni di vicinanza, di partecipazione e di solidarietà incredibile da ogni parte, superando di gran lunga qualsiasi aspettativa!
Insomma, a questo punto non potevo più tirarmi indietro, e anche se le incognite aumentavano man mano ci si avvicinava al grande giorno, non mi restava che provarci.
Partenza sabato 23 maggio addirittura in anticipo rispetto alla tabella di marcia (che diavolo ci facevo già sveglio alle 3.00??), i km iniziali corsi veloci nel cuore della notte tra le vie deserte del paese, incontrando di tanto in tanto soltanto qualche gatto e poi, mentre effettuo la prima sosta ripassando da casa per fare rifornimento, ecco spuntare mio cugino Enrico insieme ad un suo amico in bicicletta, lì per accompagnarmi e fare il tifo con tanto di maglia commemorativa (!).
Guardo l’ora, sono le 5.00 del mattino, non so se ridere o piangere per la commozione ma non c’è tempo da perdere, si riparte!
E così, conversando e scherzando, arrivano le 6.00, il sole sta per sorgere, saluto i miei due primi angeli custodi dopo aver fatto una foto insieme a loro e mi avvio lungo la strada di campagna che porta al paese vicino, dove abita Alessandro, ultrarunner di razza dal cuore grande che, saputa l’iniziativa qualche giorno prima, ha voluto prenderne parte. Tenendo il passo costante a 5 min e 30 sec ogni km mi ha dato diversi consigli ed insieme abbiamo corso un’oretta, chiacchierando lungo le stradine sterrate che percorro da sempre in allenamento.
Poi, ripassando da casa dove nel frattempo i miei genitori avevano allestito un piccolo punto ristoro, ho incontrato ad aspettarmi Felice, un altro angelo custode travestito da podista appassionato che mi ha accompagnato fino alla simbolica distanza della maratona, raggiunta in 3 ore e 42 minuti dalla partenza. “Niente male!” mi dico.
Decido a questo punto di fare una pausa dando un aggiornamento veloce a tutti gli amici che mi avevano scritto messaggi di incitamento nel corso della mattinata; poi mi concedo addirittura una doccia rapidissima e mi cambio gli indumenti prima di ripartire verso il muro dei 50 km, tagliato insieme a mio fratello che per una ventina di minuti ha voluto starmi accanto.
Poi il momento più difficile, con il sole ormai alto, il caldo e l’umidità, alcuni km corsi ancora insieme ad Ale prima che finisse le sue fatiche (53 km alla fine per lui, fantastico!), il passo inevitabilmente rallentato nell’ultima parte e la decisione, dopo essere passato a salutare la nonna, di terminare saggiamente l’avventura al 70esimo per evitare un’insolazione o una bella scoppola: ero andato davvero oltre le mie aspettative, potevo essere soddisfatto di tutti quei km percorsi e, soprattutto, orgoglioso per aver fatto della corsa un pretesto per fare del bene insieme a tutte le persone che avevano sostenuto la mia piccola grande sfida.
Quindi altra doccia, il pranzo in famiglia, le decine di messaggi d’incoraggiamento arrivati fatti scorrere uno ad uno con calma, le donazioni che continuavano ad arrivare, finalmente il meritato ripos…
Fermi tutti! Manca troppo poco per non finirla!
Dovevo provarci a scrivere un finale diverso a questa storia, non tanto per me, quanto per l’alzataccia di Enrico, per la fatica di Ale, per la gioia di esserci di Felice, per mio fratello che pur di starmi vicino si era messo a correre (lui che non correva dal 1998 o giù di lì!), per mio padre che a più riprese mi aveva accompagnato in bicicletta per darmi assistenza, e per tutti coloro che con video e messaggi in un certo senso stavano correndo con me.
Così mi riallaccio le scarpe, metto il cappellino rosso con il logo “Bubba Gump Shrimp”, perchè quando mi ricapiterà migliore occasione di sentirmi un po’ Forrest Gump, riprendo prima a camminare, poi a corricchiare (tutto sommato le gambe rispondono ancora bene, dev’essere stata la polenta a pranzo!), ed i km pian piano si aggiungono a quelli fatti nelle ore precedenti.
Io, che solitamente odio avere il telefono con me quando corro, in quei momenti non riesco a trattenere l’euforia e scrivo praticamente a tutti i contatti in rubrica che sono ripartito!
Superato l’80esimo km mi rendo conto di avere ancora energie e un discreto ritmo; insomma mi accorgo per la prima volta che posso farcela davvero, e da lì è stato un crescendo continuo di emozioni che mi hanno portato, strada facendo, fino al traguardo.
Unita all’incredulità di essere arrivato così lontano, la sensazione predominante di quei momenti è stata la gratitudine immensa nei confronti di chi, in un modo o nell’altro, ha voluto esserci, sostenendo questa iniziativa di solidarietà nata solamente una settimana prima (ho raccolto oltre 1200 euro da donare alla Protezione Civile del mio paese e all’AIRC).
Nell’ultima mezz’ora un’amica e le sue sorelline mi hanno addirittura seguito, pedalando con un cartellone colorato gigante che custodirò gelosamente.
Le persone hanno iniziato a correre con me e la gente per strada nel vedermi si fermava e diceva “è quello che sta correndo la 100 km!”.
Si, lo so che state pensando, forse la stanchezza mi ha giocato un brutto scherzo e a quel punto potrei aver avuto delle allucinazioni o essermi sognato il finale.
Ma lasciatemi credere che sia stato davvero tutto come in un film perchè anche a mente fredda, dopo qualche giorno, mi sembra ancora di rivivere quei momenti.
Ma a proposito di sogni!
Ora so rispondere finalmente alla domanda che quella sera di due settimane fa mi son posto prima di addormentarmi: “Simo, con la motivazione giusta e con le persone giuste al tuo fianco… si, puoi anche correre una 100 km!”
Simone Gritti