Riflessioni sulla sostenibilità e fast fashion nel mondo dello Sport

Quante maglie tecniche avete collezionato da quando correte? Indumenti che sono diventati una presenza indispensabile in ogni pacco gara, una peculiarità tipica del running italiano.

In passato c’erano solo le maglie di cotone, ricordavano l’evento e venivano usate sia in allenamento che come abbigliamento casual.

Oggi, la tecnologia nel campo dello sport ha portato alla produzione di materiali che migliorano le prestazioni grazie alla vestibilità, consentono totale libertà di movimento senza irritazione e offrono maggiore traspirabilità e asciugatura rapida grazie a tessuti tecnici ultraleggeri.

Ma cosa succede ogni volta che laviamo le nostre maglie tecniche?

Con ogni lavaggio, rilasciano microplastiche nell’ambiente. Questi capi hanno un ciclo di uso molto breve, spesso descritto come “una messa – una lavata“.

Il cesto della biancheria si riempie velocemente di abbigliamento sportivo: reggiseni, magliette, calzini da corsa, pantaloncini. tutti utilizzati una sola volta prima di essere lavati.

Ogni ciclo di lavaggio si aggiunge alla crisi dell’inquinamento da plastica.

Anche se come sportivi siamo sensibili ai temi ambientali, spesso non pensiamo agli effetti dei materiali elastici e comodi che indossiamo quotidianamente.

L’enorme quantità di microplastiche che finiscono negli oceani è alimentata anche dall’industria del fast fashion, inclusa l’attività fisica quotidiana. Le microfibre perse durante il lavaggio dei capi sportivi rappresentano un problema in ogni fase del loro ciclo di vita.

Le fibre sintetiche dei nostri vestiti, come nylon, poliestere e acrilico, costituiscono una grande percentuale delle microplastiche nelle acque. Si stima che circa 22 milioni di tonnellate di microfibre entreranno nell’ambiente marino entro il 2050, con un carico medio di bucato che rilascia fino a 700.000 fibre per lavaggio.

Per affrontare questo problema, si potrebbe utilizzare tecnologia simile a quella impiegata nel trattamento delle acque reflue anche nella produzione tessile. I marchi possono spingere i loro fornitori a utilizzare filtri speciali o a ripensare la produzione per ridurre le fibre rilasciate.

È possibile progettare tessuti che perdano meno fibre o utilizzare più fibre naturali al posto di quelle sintetiche?

Marchi di abbigliamento sportivo come Adidas, Nike, Puma e Patagonia stanno collaborando nel Consorzio della Microfibra (che ha anche reso pubblico il metodo che ha sviluppato per la misurazione della perdita di microfibra dai tessuti durante il lavaggio domestico. ) – per trovare soluzioni al problema delle microfibre.

Alcuni marchi stanno anche incoraggiando i consumatori a lavare meno i propri vestiti, ad esempio attraverso l’uso (da parte dei brand) di rivestimenti in argento che limitano lo sviluppo dei batteri responsabili dei cattivi odori.

Quando lavate i vostri vestiti, optate per l’acqua fredda e l’asciugatura all’aria per minimizzare la perdita di microfibre. L’uso di filtri speciali sull’asciugatrice o l’acquisto di lavatrici a caricamento frontale, che emettono meno microfibre, sono altre soluzioni praticabili.

Mentre la tecnologia ci ha fornito abbigliamento sportivo migliore, è fondamentale considerare l’impatto ambientale di questi prodotti e cercare soluzioni sostenibili per il futuro.

Forse, per alcune occasioni, potremmo anche considerare un ritorno alle maglie di cotone, che sono comode, versatili e meno dannose per l’ambiente.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso