Di privacy si parla anche troppo e, spesso, a sproposito. Affrontiamo brevemente l’argomento in collegamento con le accorate lamentele di una maratoneta americana di livello che, dal precedente settaggio pubblico ha reso privato il suo profilo su Strava, la nota piattaforma di tracking.
Ella, dall’alto del suo evidente acume, alla fine si è resa conto delle controindicazioni derivanti dal rendere disponibili a tutti (coloro che condividono la piattaforma), informazioni personali sulle sue attività. Non lasciava nulla di nascosto ma “pubblicava” (e condivideva) quando si allenava, il percorso che faceva (o che intendeva fare), le performance, etc. La sua vita “sportiva” era un libro aperto. E tutti potevano leggerlo.
Ma non ci vuole un genio del MIT di Boston per rendersi conto che questa eccessiva disponibilità ha anche degli effetti negativi tutt’altro che teorici.
Anzitutto, in via di principio, occorre sempre chiedersi cosa ci guadagni la piattaforma dalla conoscenza dei fatti nostri. Non esistono di certo filantropi che investano enormi somme di denaro solo per renderci disponibile un servizio. Quindi la fregatura, da qualche parte, deve esserci per forza.
Ma, questo, è il lato minore del problema. Potrei essere un generoso benefattore che intende far fare soldi agli altri con la rivendita dei miei dati personali. È una scelta sicuramente imbecille, ma non per questo non comprensibile, né invalida. E, diciamolo, il mondo non è dei soli intelligenti ma c’è spazio per tutti.
Vediamo, così, di passata, pescando a casaccio, qualche controindicazione non proprio secondaria.
Nel far capire quale sia il mio percorso “ordinario” (compreso, più meno, l’orario), non si può escludere che, belli o brutti che possiamo essere, qualche intenzionato ci attenda, al varco, presso la “nostra” fontanella … con un mazzo di fiori o con un coltello (o entrambi) …; lascio a voi i potenziali sviluppi.
Un altro scenario: nel mentre preannuncio il mio “lungo” di una trentina di chilometri, abili ladri, con tutta calma, svaligiano il mio appartamento. Meglio ancora, se si comprende con chiarezza che il percorso è in un’altra città in cui mi trovo in vacanza ….
Ci sono anche conseguenze, diciamo, veniali. “Pubblico” il mio percorso e dalla registrazione delle prestazioni, si evince che sia del tutto fuori forma (oppure un tapascione conclamato). Non è che faccia proprio piacere leggere i “commenti” su quanto siamo scarsi. A meno che non condividiamo il nostro universo, selettivamente, solo con quelli più scarsi di noi.
Anni di fatica per poter contare su una tutela rispetto al trattamento dei dati personali vanificati per colpa di persone troppo ansiose di farci conoscere i fatti propri. Per poi, ovviamente, lamentarsi degli effetti.
Evidentemente di qualche complicanza in materia la nostra Strava deve essersi imbattuta, poiché – di recente – ha lanciato di Adesivi statistiche (se ne è parlato ampiamente qui) – finalizzati alla condivisione social fuori della piattaforma. Non è certamente frutto del caso che tali “adesivi” possono essere adeguati alle proprie valutazioni in tema di trattamento di dati personali.
La tecnologia ci migliora la vita, ma non sempre. Insomma, il culto del sospetto dovrebbe, prima di aderire a scelte rese molto facili, farci sorgere qualche domanda, per verificare se le risposte siano davvero soddisfacenti. Dopodiché, spazio libero…
[Colonna sonora: The Cure, Just Like Heaven (The Penelopes Remix); Man at Works, Overkill (Max Steel Overmix); Visage, Fade to Gray (Extra Extended Wolf Remix)]