Correre può sembrare una decisione improvvisa. Può anche essere.
Il più delle volte, però, appare una decisione “meditata”. Prima di indossare calzoncini e canotta, in misura più o meno veloce, si fa la scansione di tutte le conseguenze. Già cambiarsi, in verità, non è per nulla una faccenda veloce.
La scelta più rilevante mi sembra, però, quella legata all’alimentazione.
Se avete deciso di correre intorno all’ora di pranzo, il problema del sostentamento energetico si affaccia prepotentemente all’orizzonte.
Si salta il pranzo? Potrebbe essere la scelta più giusta, tanto male non ci farà. Alla meno peggio, si mangerà dopo. Per i cultori del digiuno frazionato il problema neppure si pone.
Oppure, nel caso non siate fanatici di regimi dietetici “temporizzati”, decidete che è comunque meglio mangiare qualcosina nel tempo utile per non trovarsi con una zavorra sullo stomaco e, quindi, sulle gambe.
Già sapete, immagino, che la carne è praticamente indigeribile. Se vi mangiate una bistecca – che so – alle 11 della mattina, non riuscirete a fare dieci metri prima delle 14. Del giorno successivo. Ciò è provato anche da carnivori professionisti: dopo che il leone ha pasteggiato con la sfortunata gazzella di turno, si corica sotto un albero, all’ombra, con il Corriere della Savana, incapace di inseguire alcunché per una decina di ore.
Lo stesso vale per gli amanti della pizza alla pala. Tra sugo, olio e mozzarella, tanto per restare sul classico, questo manufatto dell’arte bianca non si presta ad essere assunto prima della corsa. Sono carboidrati troppo complessi da processare adeguatamente, infarciti poi di grassi (l’olio ed il formaggio) che, per scinderli, non basterebbe l’acido cloridrico.
Secondo gli insegnamenti di quelli più bravi di noi, una soluzione sufficientemente affidabile è costituita da un (piccolo) panino con, in misura monacale, prosciutto crudo e parmigiano. Come ho fatto io.
Una scelta considerata “salutare”: il prosciutto è una proteina digeribile e lo stesso vale per il nobile formaggio. L’apporto dei carboidrati del “contenitore”, sistema anche il profilo degli zuccheri. E dovremmo stare a posto. Leggiadri e snelli, senza pesi superflui, veleggiare sulle nostre strade preferite.
Ma, ecco, l’inattesa controindicazione. Nessun problema di peso, né di digestione, l’incedere non è in alcun modo infastidito, ma se fossimo stati abbandonati nel pieno del deserto del Gobi avremmo avuto meno sete. Una arsura… che una fontanella intera non sarebbe bastata a placare.
Accidenti alla stagionatura! Ecco il granello di sabbia che ha inceppato il pur perfetto ingranaggio alimentare. Occorre prestare la massima attenzione a quando il panino venga preparato con tutti i crismi dell’italian style: il prosciutto non è tale se non ha la “giusta” stagionatura; lo stesso dicasi per il Parmigiano che se, non è oltre 30 mesi, vale quanto un qualsiasi “primo sale”. Ed è proprio il sale la parola famigerata: serve sì, ma non troppo…
Trascorsi solo 6 km arrancavo come i protagonisti di “Nudi e crudi” fiaccati da dieci giorni di digiuno. Per giunta, quando serve, mai che si trovi una fontanella… e casa è piuttosto lontana.
Il consiglio del giorno da annotare è pertanto il seguente: il panino, più che con il prosciutto, sia imbottito di giudizio. Se vogliamo correre, beninteso.
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