Podisti 3.0 (ovvero 32 buone pratiche) – Parte 3

correre in menopausa

Ancora un pochino di pazienza e state per completare la lettura delle buone pratiche del podista. Il suggerimento appare chiaro: “Adottate una buona pratica”.
Sono convinto – senza tema di poter essere smentito – che almeno una possa (e debba) essere condivisa.

PARTE UNO – PARTE DUE

A seguire, se vi piace, le ultime …

21. Rispetta e trasforma l’ambiente che ti circonda – L’ambiente che ci circonda non è irrilevante ma, il più delle volte, è fondamentale per trasformare la fatica in un momento di piacere. Non è che correndo ci si diverta sempre. Se, però, guardiamo bene il contesto, il luogo dove ci troviamo e lo “proiettiamo” nel nostro interno ecco, allora, che tutto si trasforma ed assume un altro significato. Provate, per un momento, a pensare alla gara delle “Ville Tuscolane”. Per chi non lo sa, si corre a Frascati e ci sono un paio di salite in grado di stroncare un mulo. Una faticaccia … ma la successiva “visita” in fraschetta con la buona porchetta ed il vino dei Castelli … dove la mettiamo? Scommetto che le salite sono già diventate più lievi.

22. Non superare i tuoi limiti – Nelle gare quello che conta è come si arriva. Se, alla fine, siete una bella persona (solo un poco affaticato e sudato), vuol dire che “interpretate” correttamente l’attività podistica. Se, al contrario, quando giungete al traguardo siete uno straccio, incapaci di respirare, completamente disfatti, allora è segno che qualcosa non va. La corsa non deve risultare un “massacro”, perché così sono più i danni che i benefici. Certo, l’agonismo va mantenuto vivace ma tenendo bene a mente che i limiti solo in pochi eccezionali casi possono essere valicati, senza pagare un dazio eccessivo. Il conto, alla fine, arriva ed è bene poterlo pagare senza troppe difficoltà.

23. Non stressarti con l’ansia da personal best – Rispetto all’età, al sesso, alle condizioni atletiche ed altre variabili ponderabili siete in grado di sapere quale sia il vostro tempo “assoluto”, quello ciò che, in una metrica teorica, potreste conseguire domenica prossima, oppure mai. Questo tempo non crea particolari preoccupazioni proprio perché teorico. I veri crucci derivano, invece, dal personal best che, al contrario, è effettivo. Si tratta, infatti, di correre un secondo in meno del vostro attuale miglior tempo. Ovviamente ciò è possibile e tutti possono dire di esserci riusciti (soprattutto agli inizi). Quello che non va è impostare il vostro impegno agonistico con l’obiettivo di conseguire il vostro personale, finendo per correre “contro” di voi, invece che a vostro vantaggio. Quando sarà il momento tutto avverrà naturalmente.

24. Inserisci la corsa in un mondo più ampio – Personalmente trovo fastidiose le persone monomaniache, ossia quelle che su un interesse costruiscono tutto il loro mondo. Quelli per cui, nel nostro caso, la corsa è tutto e non pensano ad altro. Magari perché è l’unica cosa che sanno fare discretamente. E via a parlare di allenamenti, di “personali”, di gare. Dovremmo, invece, avere più dimensioni, in cui l’essere un “podista” è solo una delle tante sfaccettature. In un’altra dimensione siete un passabile ballerino di salsa, oppure un brillante giocatore di burraco, oppure un appassionato di modellismo, un eccellente cuoco, etc. E’ più interessante scoprire che, con un compagno, si abbia una passione in comune, oltre quella che appare scontata. Guardate le cose in un universo più grande e diventerete anche voi più grandi.

25. Corri una gara con qualcuno – Se ho conseguito il mio “personale” sui 10K è solo perché qualcuno, generosamente, mi ha “tirato” per raggiungere un tempo che, probabilmente, non rivedrò mai più. Anche nella maratona, ho imparato a temperare una scomposta corsa “ad elastico” condividendo la fatica con una impagabile compagna (nel senso che non viene retribuita). Potete decidere di comune accordo che la gara X la correte con Sempronio, oppure con Livia, condividendo questa esperienza. La voglia di fare un pezzo, più o meno lungo, di strada insieme può sorgere anche a gara iniziata, quando si creano quelle “affinità elettive” con qualcuno (spesso un perfetto sconosciuto); e, allora, la corsa prende un’altra piega con esiti spesso sorprendenti. Condividendo, il risultato aumenta e non diminuisce.

26. Progredisci un poco alla volta. I giapponesi lo chiamano Kaizen e, francamente, la Regola del Kaizen mi ha sempre fatto sorridere. “Kaizen” significa “miglioramento continuo” ed è una di quelle metafore del marketing che funzionano nei corsi aziendali. In realtà, tutte le persone “serie” sono perfettamente a conoscenza che non è possibile un effettivo miglioramento continuo, specie in oggetti/sistemi semplici. Quello che conta è la tendenza non il risultato. Tradotto in linguaggio podistico significa che non pensate che, in un battibaleno, da tapascione diventate un fenomeno. Occorre – è il caso di dire – la politica dei “piccoli passi” in cui, molto progressivamente, in allenamento ed in gara, cercate di migliorare la velocità, la resistenza, l’adattabilità, misurando il tutto in secondi (al chilometro). La progressività ha un interessante effetto collaterale: vi fa divertire nella sfida al miglioramento perché, quando toccate il massimo possibile (cioè quello che si è appena detto sul Kaizen), poi fate una fatica dell’accidente a restare su quel livello.

27. Guardati dentro – Quando corri (le gare, ad esempio) è piacevole estroiettarsi nel mondo che ti circonda e vedere le cose con occhi “particolari”. E’ altrettanto interessante cogliere l’attimo per capire “chi sei”, “a che punto sei” e “dove stai andando”. Può essere il cruccio lavorativo (mentre correvo, se il pensiero fosse più efficace, avrei una rilevante carriera da serial killer), i pentimenti sentimentali, i sogni da organizzare, e via dis-correndo. Guardarsi dentro fa un po’ paura, basta non dire ad alcuno cosa vi abbiamo trovato. Resta tra noi e noi.

28. Cura l’alimentazione. Senza esagerare – Il podista, per forza di cose, cerca di mangiare in modo migliore. Se non altro perché, altrimenti, è difficile correre. Non ho notizia di podisti che siano in grado di correre un 10mila “tirato” con in corpo una doppia porzione di parmigiana di melanzane. Mangiamo meglio, ma senza diventare degli astronauti. Altrimenti che gusto c’è se perdiamo proprio il gusto? Molti, in effetti, compensano con la corsa il successivo momento di trasgressione alimentare. Certamente è sbagliato, ma siamo sempre degli esseri umani, prima che podisti (la maggior parte, almeno) e ci piace ciò che ci piace. Va bene: qualcosa fa pure male.

29. Bevi sempre ad ogni ristoro – In gara, ad ogni ristoro, è obbligatorio bere un sorso d’acqua. Abbiamo il fisiologico bisogno di restare idratati anche se non ci pare di avere sete. Soddisfare la sete ed idratarsi, nonostante quello che si può credere, non sono la stessa cosa. Bere un sorso e non una bottiglia intera, se non volete poi correre con la stessa capacità dell’omino Michelin (e la stessa forma). L’acqua resta il liquido migliore, per cui – a mio modesto avviso – vanno lasciati sul tavolo tutti quei miscugli fosforescenti che molti stomaci dimostrano chiaramente di gradire poco.

30. Non assumere, per alcun motivo, sostanze dopanti – L’avete visto all’ultima edizione del “Passatore”, il primo arrivato pescato con l’organismo imbottito di sostanze proibite. Premesso che se siete tra gli assoluti, le analisi sono assolutamente scontate, postmesso altresì che esiste una procedura per segnalare l’assunzione di sostanze e, se del caso, ricevere l’autorizzazione a correre, a cosa serve? Mentite a voi stessi e, per giunta, vi giocate la pelle come imbecilli. Vale la pena di ricordare ai nostri “dopati” che qualsiasi corridore, anche di basso livello, è in grado agevolmente di verificare i tempi medi di chiunque di noi e, a meno di un intervento divino, appurare che il risultato non è farina del vostro sacco e, conseguentemente, il bluff viene subito scoperto. Donde, va ribadito: oltre a farsi del male, a che serve doparsi?

31. Riposa corpo e mente – Molte volte è stata declamata l’assoluta rilevanza del riposo del corpo e della mente quale “rimedio” assolutamente naturale per ripristinare (e correggere) i meccanismi fisiologici che governano la nostra bella macchina. La pratica vale sempre e per tutti. La ricordano anche al corso base della Legione straniera: riposa in ogni momento che puoi; non sai se e quando ricapita.

32. Cercate il bello della vostra corsa – Avete mai osservato la vostra corsa? Se provate a farlo potreste scoprire che non siete affatto “armonici”, ma contratti come una balestra pronta a scagliare un dardo. Spalle tese, braccia rigide, faccia seria. L’incedere pesante, in luogo di un passo ‘felpato’. Guardatevi e cercate di trovarvi belli e, soprattutto, fluidi. Il vostro stile immediatamente migliorerà non appena farete parte dell’ambiente, come se foste tutt’uno con il mondo. Avete mai visto un pesce nell’acqua nuotare sgraziato? Siate pesci nell’acqua del mare.

 

Qui trovate i primi due contributi

PARTE UNO

PARTE DUE

 

Mr Farronato
Mr. Farronato Podista e scrittore. La corsa mi serve per superare i limiti dell’ordinario mentre, scrivendo, supero quelli dello straordinario. Potete trovarmi – sotto falso nome – nelle gare della nostra bella capitale e, soprattutto, alle maratone. La corsa è la soglia del crepuscolo che si affaccia su un mondo diverso.