Padre e figlio e palla al centro

Questa mattina durante il solito allenamento di recupero, alla luce dei lampioni di una ciclabile sgombra e sorniona, con l’amico Niccolò parlavamo della vita da calciatore di suo figlio.

La discussione era quella di due padri, appassionati di atletica che, senza imporre mai nulla, hanno sempre lasciato i figli di esprimersi su ogni terreno, vasca compresa.

Abbiamo di fatto analizzato il rapporto tra i giovani e il calcio giocato in relazione a cosa potrebbero fare e meglio.

In un paese in cui su ogni pagina di sport, di qualsiasi giornale generalista, ci sono solo notizie di partite e di giocatori di calcio, provare a capire che cosa comporti tale visione pallonecentrica non è affatto scontata.

In particolare se il confronto generazionale vuole evidenziare quante potenzialità ha celato quel fazzoletto di campo da gioco che tutto attira e, nel contempo, fa terra bruciata attorno a sé.

Il rapporto con il calcio e i giovani è vario e complesso, un amore influenzato da una serie di fattori come la cultura, la società, l’ambiente familiare e le tendenze generazionali.

Tuttavia il calcio continua ad essere uno degli sport più popolari tra i giovani in molte parti del mondo, se avete visto il film “Io Capitano” di Matteo Garrone. i figli dell’Africa che migrano qui da noi, indossavano tutti le maglie dei campioni di calcio.

I nostri ragazzi non sono diversi dalle aspirazioni di chi nel calcio cerca la soluzione a tutti i mali della vita. Anche loro sono ne attratti fin dall’infanzia, suscitando un forte interesse grazie alla sua natura competitiva, al senso di appartenenza a una squadra e alla possibilità di esprimere sé stessi attraverso il gioco.

Il calcio è socializzazione,  crea nuove amicizie e sviluppa competenze sociali come il lavoro di squadra, la comunicazione e la leadership.

La domanda, semplice e figlia di anni di fatiche di sportivi amatoriali è stata: e se il calcio non fosse uno sport per loro? cosa stiamo perdendo di una loro potenzialità?

Se quelle gambe volassero su un curva dei 400 metri piani o sopra l’asta del salto più bello di tutti, chi ce lo potrebbe mai dire?

Se il ragazzo di casa o la ragazza si sono intestarditi a voler dare ogni giorno calci a un pallone noi cosa possiamo fare? Qui parliamo di aspettative, reciproche, sia di padri che di figli e figlie.

Il calcio è  associato a pressioni e desideri elevati. Ma quanti poi alla fine arrivano in prima squadra? Quanti invece non andranno da nessuna parte e nel frattempo il loro miglior tempo è stato frullato dentro spogliatoi e trasferte che non hanno dato spazio alla vera caratteristica sportiva del giovane di casa?

Questa pressione può influenzare negativamente il rapporto dei giovani con lo sport, portando a situazioni di stress e ansia.

Se ci fosse una palla di vetro dentro la quale poter vedere il futuro atletico dei nostri figli la usereste? o lascereste quel pallone al centro del campo dando la massima fiducia a un ragazzo che si farà, anche se ha le spalle strette e anche senza la maglia numero sette, vive i suoi anni, la sua passione con altri come lui felice di essere il campione che forse un giorno sarà.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso