Un caro amico di storiecorrenti ci ha mandato la foto che vedete in copertina. Sembra una delle tante scattate in un campetto di calcio di città. Ma così non è.
La foto incarna il potere unificante dello sport. I due ragazzini, a loro insaputa, raccontano una vicenda di pace tra i popoli.
La storia di Pelé e Maradona è ambientata in un parco giochi in Giordania, in una terra al confine con conflitti e divisioni. Qui, due bambini di otto anni, uno palestinese e l’altro italiano, si incontrano senza preconcetti, armati solo di un pallone e del desiderio di giocare.
Yousef, chiamato “Pelé” per la sua abilità calcistica, è un bambino palestinese che vive in Bahrein.
Il suo compagno di giochi, il piccolo “Maradona”, è un bambino italiano di Roma che trascorre le vacanze estive in Giordania.
Le loro abitazioni si trovano vicine, ma le loro vite quotidiane sono separate da distanze fisiche e culturali. Tuttavia, queste differenze svaniscono nel momento in cui iniziano a tirare calci a un pallone contro un muretto, trascorrendo intere giornate a raccontarsi storie delle loro città, delle loro avventure, delle loro famiglie.
La forza di questa storia sta nella naturalezza con cui due bambini, apparentemente divisi da religione e tradizioni, si incontrano sul campo da gioco e scoprono di essere più simili che diversi. Pelé è musulmano, Maradona cristiano, ma la loro curiosità verso la cultura e la religione dell’altro non è mai stata motivo di divisione. Hanno trascorso lunghe giornate a raccontarsi delle festività nelle rispettive famiglie, dei rituali religiosi e delle usanze che scandiscono le loro vite, non con diffidenza, ma con rispetto e un genuino desiderio di conoscenza.
Pace, amicizia e il potere dello sport
In un mondo adulto spesso intrappolato in pregiudizi, conflitti e intolleranza, questi due bambini offrono una lezione di pace e fratellanza che dovrebbe farci riflettere. Il calcio, uno sport tanto semplice quanto universale, ha dato loro la possibilità di conoscersi e stringere un legame profondo. In quel piccolo parco giochi del Medio Oriente, lontano dalle tensioni politiche, la partita di Pelé e Maradona diventa un simbolo di speranza: mostra che la pace tra i popoli può iniziare dai gesti più semplici, come condividere un pallone o ridere insieme.
Una metafora della pace
La loro amicizia rappresenta una metafora potente per l’umanità: nel gioco, nella curiosità e nella scoperta reciproca, la pace è possibile. “Pelé e Maradona”, con le loro differenze culturali e religiose, non vedono barriere, ma solo opportunità di crescere e imparare. Il loro mondo non è ancora stato segnato da preconcetti o divisioni ideologiche; per loro, c’è solo l’estate, il sole, il sudore di una partitella e la promessa di un’amicizia che durerà oltre il tempo.
In un momento storico in cui il Medio Oriente è spesso visto come teatro di conflitti e tensioni, la storia di Yousef e del piccolo Maradona ci ricorda che la pace inizia dal basso, dai cuori aperti e dalle menti disposte a comprendere.
Non serve un grande campo da calcio o un pubblico di milioni di persone per dimostrare il potere dello sport di unire i popoli. A volte, bastano due bambini, un pallone e la volontà di conoscersi. Per loro, l’inverno durerà poco. Nei loro cuori, è già estate, un’estate che parla di pace, di fratellanza e della speranza che un mondo migliore sia possibile, se solo si ha il coraggio di ascoltare e di giocare insieme.