Oltre il corpo perfetto

Veronica Yoko Plebani

Nelle ultime settimane, sia sulla carta stampata che su siti dedicati, si è discusso a lungo delle performance degli atleti paralimpici, specialmente in relazione agli atleti normodotati, nel contesto delle Olimpiadi di Parigi.

Questo confronto apre riflessioni che non si limitano all’aspetto tecnico-sportivo, ma toccano dimensioni culturali e sociali più profonde.

Viviamo in una società fortemente influenzata dai social media e dai canali mainstream, dove viene continuamente proposto un canone di bellezza basato su corpi “perfetti”. Gli atleti paralimpici, tuttavia, attraverso le loro performance, ci costringono a ripensare questo concetto, rivelando che la vera grandezza sportiva non si limita alla conformità fisica, ma alla capacità di adattamento e alla determinazione.

Gli atleti paralimpici devono affrontare due sfide: da un lato, il limite fisico imposto da disabilità o traumi, dall’altro, la competizione sportiva ad altissimi livelli.

Attraverso un duro allenamento e l’uso di tecnologie avanzate, come le protesi in carbonio o dispositivi di assistenza, riescono a eccellere in discipline che richiedono forza, resistenza e tecnica, dimostrando come il progresso tecnologico e umano possano andare di pari passo.

Eppure, per molti, queste straordinarie prestazioni non ricevono lo stesso riconoscimento.

Questo perché tali atleti si trovano spesso in contrasto con l’ideale del “corpo perfetto”, un concetto largamente diffuso dai media e alimentato da piattaforme come Instagram e TikTok, dove fisici scolpiti e privi di imperfezioni vengono presentati come il massimo ideale di successo atletico.

Ma la domanda è: il corpo di Veronica Yoko Plebani, atleta paralimpica, è meno atletico rispetto a quello di una campionessa normodotata di triathlon? Assolutamente no.

Il problema è che in una cultura ossessionata dall’estetica, l’assenza di una parte del corpo o il suo adattamento viene spesso percepito come un difetto che oscura le capacità atletiche. Ciò riduce l’impatto delle loro imprese, anche se a livello tecnico e agonistico le differenze tra gli atleti paralimpici e normodotati sono spesso minime o inesistenti.

Nonostante questo, i recenti Giochi di Parigi hanno mostrato un segnale di cambiamento.

Le Paralimpiadi hanno ottenuto una visibilità maggiore rispetto al passato, e grazie a campagne di sensibilizzazione e sponsor sempre più orientati alla diversità, gli atleti paralimpici stanno diventando figure chiave nel mondo dello sport. Molti di loro vengono scelti come ambasciatori di marchi sportivi, contribuendo a scardinare l’idea che solo i corpi “perfetti” meritino di essere celebrati.

Le loro prestazioni stanno sfidando e ribaltando i pregiudizi culturali e sociali legati all’immagine corporea. Questi atleti ci ricordano che la vera forza risiede non solo nella prestazione fisica, ma nella capacità di superare limiti fisici e sociali.

Per il futuro, sarà essenziale un cambiamento culturale che porti a una maggiore inclusività e a un apprezzamento più ampio per tutte le forme di eccellenza atletica, indipendentemente dalle condizioni fisiche.

Solo allora potremo davvero parlare di uguaglianza nelle competizioni sportive, dove il merito sarà giudicato esclusivamente in base al talento e non all’aderenza a canoni estetici.

Rigivan Ganeshamoorthy
Rigivan Ganeshamoorthy atleta azzurro medaglia d’oro nel lancio del disco F52 alle Paralimpiadi di Parigi 2024
Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso