A me Garibaldi non è mai piaciuto. Sono meridionale e questo fa di me una nostalgica dei bei tempi in cui la mia città era una capitale della cultura, seconda in Europa solo a Parigi, tuttavia questa frase è per me quasi un mantra.
Ogni volta che voglio fare qualcosa e la voglio fare bene me lo ripeto. O si fa l’Italia o si muore!
Quando mi sono appassionata al running e all’atletica, ho iniziato un percorso che è tipo una strada non ancora lastricata. Ogni giorno metto su un mattoncino nuovo, ogni giorno faccio un passettino avanti, mi affino, provo a migliorare.
Un giorno, dopo una gara, saluto un amico e lui mi dice che aveva corso un pezzo accanto a Wonder Coach. Non mi piace passare da ignorante ma la curiosità è troppa e gli chiedo “Ma chi è?” E lui “Ma come non lo sai?è l’unica maratoneta italiana donna ad aver vinto la maratona di New York”.
Mi si accendono le stelline negli occhi. Io amo le donne forti.
Io amo tutte quelle donne che si distinguono in ogni campo con la forza del loro carattere.
Marie Curie, Rita Levi Montalcini, Madre Teresa, Janis Joplin.
Tutte quelle donne che usando la loro testa o il loro cuore o la loro immensa forza di volontà, sono uscite dalla massa e hanno urlato al mondo “Io ce la farò!” A scoprire due elementi chimici, a scoprire il fattore di accrescimento della fibra nervosa, a portare amore e pace nel mondo, a diventare una rock star internazionale, a vincere New York.
Non resisto, torno a casa e accendo il pc. Su wikipedia leggo che di maratone ne ha vinte parecchie, ma quello che più mi esalta è che è arrivata ottava assoluta e prima donna alla “Marathon des Sables”. Questa donna incredibile, che io non avevo idea di chi fosse, ha corso 250km nel deserto e ha vinto. Dovevo farmi allenare da lei. Assolutamente.
Avrebbe potuto essere anche la peggior stronza del pianeta, ancora non la conoscevo, ma la ammiravo con ogni fibrilla dei miei muscoli tapascianti.
Scopro che una mia amica si allena con lei e la sommergo di domande. Mi dice che è una persona straordinaria e che secondo lei sarebbe una allenatrice perfetta per me.
“Secondo me tu le piaceresti! Anche perché se non le piaci mica ti allena!”
La mia stima cresce. Da uno a dieci, la stimo 100!
Una donna che sa quello che vuole e procede per la sua strada con forza e determinazione, vincendo dove altre avevano fallito, una donna che non molla un passo e che non si concede facilmente.
Una donna che è sempre se stessa a dispetto di quello che la società impone. La persona giusta per me.
Incontro più volte la mia amica che mi domanda se ho contattato Wonder Coach. Le dico di no.
In realtà non so come presentarmi.
“Ciao, mi chiamo Ludmilla, corro con le gambe a farfalla, vado, se tutto va bene a 5.45, corro sulle punte e mi dicono che già il fatto che io corra è un miracolo, vuoi allenarmi?”
Direi che non funziona.
Che faccio mento? non mi pare il caso. Poi scopre che sono una tapasciona e mi fa volare fuori dalle balle in 5 minuti.
Come faccio a chiamarla e a spiegarle la situazione?Sarò sincera, è la strada migliore.
“Ciao, mi chiamo Ludmilla, la corsa mi ha salvato la vita e mi rende felice, sono una pippa e corro tutta storta ma ho grande entusiasmo e voglio imparare, mi piacerebbe che tu mi allenassi…”
Va già meglio…ma al telefono non riesco a dire le cose come vorrei…quasi quasi le scrivo. Le racconto la mia storia e come sono arrivata fino a lei e bla bla bla, quanto mi entusiasma correre e concludo che mi piacerebbe che fosse lei ad allenarmi.
Vado sulla sua pagina e trovo l’indirizzo mail. Le scrivo.
Mi chiama. Ussignur!! E ora che le dico? Mi cava d’impaccio e parla lei. Mi dice che vuole conoscere le persone che allena e che i suoi atleti sono per lei come una famiglia.
Atleti. Io però non sono un atleta, diciamolo, sono una che corre, si impegna, ma atleta è troppo per definirmi. Non mi allenerà, lo so, lo sento.
Mi dice che possiamo vederci allo stadio di Caracalla e chiacchierare un po’.
Sono felice!!
Se tutto va male avrò conosciuto una donna che ha compiuto imprese straordinarie, se tutto va bene avrò trovato il coach dei miei sogni.
Wonder Coach!
Chiacchieriamo per un tempo infinito, un po’ perché è uno scontro tra titani della chiacchiera un po’ perché ho davanti una persona straordinaria, con una storia pazzesca.
Vorrei chiederle di tutto, che cosa ha provato a correre nel deserto, cosa si prova a non avere nessuno davanti verso il traguardo di New York, cosa si prova a vincere una maratona.
Invece non le chiedo niente. Parliamo di me. Ho davanti una campionessa, ma parliamo di me. Vabbè.
Parliamo del mio entusiasmo, della voglia che ho di migliorare, della mia postura dinoccolata e della gamba che oltre a farmi male fa un po’ come le pare.
Con un pizzico di vergogna le dico che corro sulle punte. Tutti mi avevano sempre detto che era sbagliato, che correvo male, che era inspiegabile che io riuscissi a correre. Lei no. Mi ha subito detto che era un bel vantaggio e che tutti i difetti, che per me erano motivo di estrema vergogna, ci sarebbero tornati utili.
Ha concluso dicendo che io potevo essere una bella sfida. Io. Una bella sfida.
Ora ho capito come è diventata una campionessa!! E’ matta. Senza se e senza ma.
Comincio ad allenarmi con lei, ed è lei ad accorgersi che ho qualcosa che non va alla gamba sinistra e che dobbiamo indagare, è lei a fermarmi fino a che non sarò guarita del tutto. Ancora oggi ho paura a fare un colpo di tosse mentre mi alleno perché mi ferma finché non sto bene.
Mi ha insegnato che non si corre sul dolore e che non avrai una medaglia per aver corso 42 km su una distrazione del flessore, ma sopratutto che un “brava sei forte” non vale un infortunio o la cronicizzazione di un problema muscolare. Devi prenderti cura di te per essere un atleta al meglio delle tue possibilità.
La corsa è gioia. Confesso che ero reticente a questo pensiero. Per me era scarico. A volte correvo con rabbia, a volte per dimostrare qualcosa a me stessa correvo nel bel mezzo della tempesta o quando non ne avevo voglia e credetemi, dopo la maratona non ne avevo più voglia.
Mi ha portata per mano lungo un percorso durato mesi, si è presa cura di me anche quando non correvo. Non passava un giorno senza che io ricevessi un suo incoraggiamento. Poi la ripresa.
I venti minuti più lunghi della storia dell’uomo, a 6.30 min/km, un giorno si e un giorno no. Andavo sempre meglio, i polmoni non mi schizzavano più fuori dal petto, le gambe non bruciavano più come tizzoni ardenti. Era arrivato il momento di ricominciare insieme.
“Ti piace la pista?”
“A me piace tutto basta che corro”
E fu così che mi innamorai di quel meraviglioso tappeto color terra rossa.
Correrci sopra è come avere le molle sotto ai piedi.
Le gambe vanno per conto loro, i pensieri si colorano con la storia del centro di Roma, il respiro segue un ritmo suo.
Wonder Coach mi prende i tempi, i battiti, mi fa fare esercizi che servono a migliorare la mia postura anche se a volte mi fanno sentire ridicola come una scimmia al circo.
Passo pantera. Parliamone. Il passo pantera è quella cosa che se la fai male, e quasi sempre le prime volte lo fai male, sembri lo scemo del villaggio.
Un po’ come la camminata di Ataru Moroboshi nella sigla di Lamù, ma considerando che io corro come Flip la cavalletta dell’ape Maia, ci può stare.
Abbiamo fatto ore di passo pantera prima di sentire un “molto bene” e ancora oggi, se mi distraggo mentre lo faccio, mi cappotto, ma wonder coach ha fiducia in me.
Ho scoperto che dietro al personaggio c’è la persona. Una persona straordinaria.
Al di la dei traguardi raggiunti, ben oltre la maratona di New York che l’ha resa famosa, c’è una donna creativa, vivace e tenace.
Una donna che non ha perso la bambina dentro di lei e voglia di giocare, per capirlo basta guardare la sua macchina. Una donna che affronta la vita a testa alta e con il sorriso.
Una donna che carica di energia positiva chi la circonda.
Wonder coach è come la pista, devi conoscerla per amarla, perché lei è Franca di nome e di fatto.
Ludmilla Sanfelice