Non siamo normali

Non siamo normali. Per fortuna, direi. La normalità è un concetto senza un grande senso, a parte quello di costituire uno schermo rassicurante. Quello “normale” è tranquillo, perché occupa una “casella” predefinita e la sua posizione non ha richiesto alcuna decisione. Preferisco quelli che non sono normali, che hanno combattuto contro l’omologazione in ogni contesto in cui ciò sia stato necessario. Il bastian contrario potrebbe aver ragione ma non essere allineati ha però un prezzo da pagare. Sentirsi diversi, senza capirne bene il perché. L’ostracismo della media statistica. Qualcuno ha detto – giustamente – che la statistica è quella scienza che prevede un calcolo in cui viene esclusa proprio l’unica opinione di colui che ha veramente ragione, essendo irrilevante sul fronte dei grandi numeri.

Tra coloro che sono mediamente anormali, direi che i podisti sono abbastanza rappresentativi. Praticano uno sport povero, poco alla moda, per gente anzianotta, senza grandi soddisfazioni ‘esterne’ (ad esempio il tifo, praticamente costituito in genere, da altri podisti). Voi direte: non è più anormale quello si pompa in palestra per un mero bisogno di “riconoscimento” estetico? Questo è, invero, un tipico fenomeno di omologazione ad una “richiesta” del mercato che pretende un corpo (ed un aspetto) legato ad un certo idealtipo di look che, poi, è quello caratterizzato dalle esigenze dei social.

Questa “anormalità” che mi piace resta nel campo della positività. Volersi bene, voler bene gli altri. Condividere uno spazio, seguire i dettami di etica sportiva (es: non ci si bomba per nessun motivo al mondo).

C’è però anche l’anormalità negativa della distruzione, della devianza. E’ quello che è successo a Richard Gadd stalkerizzato dalla cliente di un pub di Camden. Qualcuno, a prima vista, potrebbe pensare che debba essere piacevole essere desiderati alla potenza ennesima, fatto salvo comprendere che, in realtà, si stanno prendendo la vita altrui per del semplice egoismo.

Un desiderio distruttivo per fermare il quale, senza l’intervento della forza (dell’ordine), non c’è strada per ricondurlo in confini socialmente accettabili. Non so, poi, come Richard abbia ricostituito la sua vita, ma so come ha fatto F., a sua volta perseguitata da una donzella con il cervello evidentemente fulminato da un corto circuito. E’ stato l’amore per sé stessa e per gli altri. L’amore l’ha aspettata e, quando è stato il momento, è esploso in una vertigine di colori, un caleidoscopio di sensazioni che l’hanno rigenerata. Un amore del tutto anormale, dato che quello ordinario, per le anime buone, non avrebbe potuto compiere il miracolo di strappare il cuore dal torace, senza alcuna anestesia, ricomporre i pezzi e dar loro quel fuoco che si è propagato, facendo rinascere la fenice di una “persona” che non potrà mai essere come le altre. Il suo fuoco si è propagato rigenerando quanti si trovavano intorno a Lei.

Oggi, correndo, ho pensato a questo.

 

[Riferimenti: Baby Reindeer (La piccola renna), serie Netflix, di e con R. Gadd, 2024; https://www.cosmopolitan.com/it/star/televisione/a60562986/baby-reindeer-netflix-di-cosa-parla-storia-vera/]

Mr Farronato
Mr. Farronato Podista e scrittore. La corsa mi serve per superare i limiti dell’ordinario mentre, scrivendo, supero quelli dello straordinario. Potete trovarmi – sotto falso nome – nelle gare della nostra bella capitale e, soprattutto, alle maratone. La corsa è la soglia del crepuscolo che si affaccia su un mondo diverso.