Quanto volte abbiamo sentito dire – oppure l’abbiamo detto noi stessi -che “si stava meglio quando si stava peggio”, “i giovani d’oggi non sono più come una volta” o semplicemente, che qualsiasi cosa ci piaceva “ai nostri tempi era meglio”.
Ma è così dall’alba dei tempi.
I sumeri si lamentavano della pessima scrittura delle nuove generazioni. Nell’antica Grecia ci si lamentava dei giovani irrispettosi.
Non parliamo poi delle lamentele sull’essenza di qualcosa, che sia arte, o sport.
Negli anni 20 del secolo scorso qualcuno dava per morto il cinema, quando non era ancora arrivato il sonoro.
A partire dagli anni 60, in piena ondata rock, qualcuno iniziava già a darlo per morto, il rock appunto, cosa che si è ripetuta incessantemente sin da allora ogni volta che si è affacciato un nuovo genere.
Da appassionato di cinema, da ragazzino – negli anni ’90/inizio 2000 – frequentavo cineteche e cineforum, e già allora si diceva che “ah il cinema di un tempo, quello sì che era il vero cinema”, cosa che ora si dice spesso proprio di quel periodo, gli anni ’90, come un tempo di “vero cinema, mica quello di oggi”.
Stessa cosa proprio per il rock, vent’anni fa ci si lamentava che venti o trent’anni prima era decisamente meglio, e ora si rimpiangono proprio quegli anni ’90. Forse, semplicemente, le cose cambiano, si evolvono, mutano.
Non in meglio o peggio, solo diversamente.
Questo cosa c’entra con lo sport? Bè, sono le stesse lamentele che si fanno in tantissimi sport, dal calcio al basket NBA, dalla Formula Uno allo sci alpino, fino alla corsa, ovviamente.
Nell’ambiente del trail running nelle ultime settimane si è un po’ parlato delle novità riguardanti l’UTMB, l’ultratrail più famoso e importante al mondo, che dal prossimo anno diventerà un po’ l’equivalente di Kona per il triathlon.
Forse buona notizia per media, alcuni sponsor e alcuni atleti élite, sicuramente pessima notizia per chi ha meno capacità economiche per affrontare le spese delle gare qualificanti e meno capacità fisiche per avere i requisiti necessari.
Nel parlare della questione (che mi vede particolarmente critico verso questa scelta) si sono sprecate le considerazioni che “il trail ai miei tempi era più vero”, “gli sponsor hanno rovinato tutto”, “i soldi hanno mandato tutto alla deriva”, eccetera.
Bè, io ho iniziato a correre regolarmente trail dal 2010, e già allora ci si lamentava che non era più come prima, parlando magari di gare nate appena pochissimi anni prima (visto che in Italia le prima gare erano davvero poche e ancora agli inizi).
Ci si lamentava già dell’arrivo degli sponsor, dei premi, di atleti troppo forti che arrivavano da altri sport e che toglievano lo spirito poco competitivo del trail, che arrivavano gli stradisti che non conoscevano i veri valori della montagna, eccetera.
Solo un paio d’anni dopo si diceva che “lo spirito trail è morto”.
Frase banale che ovviamente ritorna da allora puntualmente ogni volta dopo qualche evento negativo nel mondo trail, perché ovviamente fa più presa la pessima notizia una tantum, non quando tutto fila liscio e non succede nulla di negativo (senza poi considerare cosa significhi il termine spirito trail, che può esistere in ogni gesto affrontato correndo sui sentieri, aldilà del senso delle parole).
Certo, anch’io dico che 10 anni fa nel trail running mi divertivo come forse non è più successo.
Tutto ci sembra più bello nel momento in cui una certa passione è al suo massimo, e, quando ricordiamo quel periodo, lo rimpiangiamo per sempre. Persino in una storia d’amore la passione raggiunge il suo picco nel periodo iniziale della relazione. Ciò non toglie che si possa continuare felicemente.
Tutto sembra più bello quando “eravamo giovani, forti, spensierati”, tutto sembrava meglio una volta, quando si sognava un futuro ancora più radioso.
I tempi cambiano, tutto muta. Nulla è meglio o peggio, tutto è solo diverso.