Avevo proprio voglia di tornare a Napoli. Era un bisogno di vedere tutto senza filtri, sentire i sapori, ascoltare le parole e vivere anche solo per un week end la città.
Perché sono le sensazioni cardine attorno alle quali gira la curiosità del turista.
Poi, se sei è un runner, gli aspetti si amplificano, con altri come te alla ricerca dello stesso risultato, con la corsa che attiva milioni di canali ricettivi che a riposo sono silenti.
Napoli è una ricetta da studiare, da svelare anche tra i vicoli e dentro i palazzi e sopra a tutto un Cristo che ci ha tenuti incollati alla sua maestà e sacralità svelata.
C’era la voglia di essere cullati dalla musicalità di una lingua che “te desse calore senza te fa ‘sunnà.”
Correre con un vento che ti portava e ti allontanava dal traguardo è che ha mostrato tutto il bello che ci ha circondati per 21 chilometri.
Perché quando corri in mezzo a questa vitalità ti verrebbe voglia “d’arrubbà senza me fà ved訒tutt’e facce d’a ggente.”
Quei volti sorridenti allegri e colmi di disincanto, concreti e coscienti di vivere in un mondo a parte.
Napoli ti colpisce sempre diretto, non è mai tangente nel confronto, come dice il mio Elvio.
Sa arrivare in profondità con angoli che scopri ad ogni cambio di direzione, con i mille contrasti del bene e del male.
Sono rimasto incantato da quelle due chiese che si guardano e si rispettano nei loro stili contrapposti. Santa Chiara e Gesù Nuovo due baluardi del bene.
È proprio vero non ti abitui mai al bello e non devi farlo mai, è solo con questa consapevolezza che lo esigerai sempre nella tua vita.
Marco Raffaelli