La storia di Najla Aqdeir l’ho scoperta per la prima volta in tv, sono rimasta ad ascoltarla e me ne sono innamorata.
Najla Aqdeir è una ragazza di 22 anni, metà libica e metà marocchina. Arrivata in Italia all’età di 11 anni, un talento naturale.
Nel suo paese correva semplicemente per andare a prendere il pane, la mamma la ce la mandava spesso perché era veloce.
Seconda figlia di tre sorelle, arriva in Italia e si integra subito anche grazie allo sport, solare e volenterosa.
Inizia a gareggiare a scuola con corse campestri e vince contro le sue avversarie.
La storia di Najla Aqdeir cambia qualcuno decide di fare di lei un’atleta.
I genitori all’inizio non sono contrari tanto per correre con una tuta si può. Ignari del fatto che per correre Najla indosserà la sua divisa e per la loro religione non è concessa.
Un giorno il papà la vede in televisione e quando torna a casa la sgrida e la schiaffeggia rinchiudendola in casa.
Da lì inizia una lotta in famiglia. L’atletica diventa un problema.
Don Samuele, il parroco dell’oratorio, riesce a convincere i genitori e a farla continuare. In seguito e non molto tempo dopo averli convinti, con allenamenti spezzettati, non si conferma agli stessi livelli, ma arriva sesta alla finale nazionale.
All’età di 15 anni, la madre con una scusa dice che vuole portarla dai nonni in Marocco per una vacanza. Ma in realtà ha combinato per lei un matrimonio. Con un uomo più grande di lei.
Ma Najla il giorno del matrimonio riesce a scappare e al padre spiega che non era l’uomo per lei.. ma ovviamente la guerra tra lei e la famiglia si inasprisce.
Il padre la picchia e non la lascia uscire, finché Najla ricorre ad un gesto folle: ingoia pillole, tutte quelle che trova in casa, si sente male inizia a vomitare e viene ricoverata poco dopo in coma farmacologico per 8 giorni in ospedale.
La famiglia la lascia sola in ospedale e li ci resta un mese. La madre e il padre si vergognano di avere una figlia così, l’emancipazione non è ben vista, non si possono avere dei sogni e un uccellino non può volare dalla sua gabbia, una gabbia di cristallo così fragile eppure così stretta da non poter più restare in silenzio.
In seguito viene affidata agli assistenti sociali e ricomincia a correre.
Un giorno e più precisamente il 25 aprile il suo allenatore le dice una cosa che le farà cambiare completamente strada: “ ricordati che gli ostacoli non si saltano, si affrontano e si superano”
Najla sente qualcosa dentro, sente di dover affrontare quegli ostacoli, così come ha affrontato la sua famiglia, che tanto la spaventavano e di doverli superare.
Ci vuole provare: arriva quarta ai campionati nazionali promesse sui 400 ostacoli, un’incursione negli 800 metri perché glielo chiede la sua squadra, l’Atletica Bracco.
E’ un’emozione, un susseguirsi, ma la famiglia continua a perseguitarla tanto che Najla è costretta, nonostante le sue denunce senza prove, a scrivere dei bigliettini con il suo numero di telefono da lasciare a chiunque incontrasse qualora si fosse sentita in pericolo
Una vita instabile la sua, ma se la guardi sorride sempre, un sorriso vero di quelli che sognano e fanno sognare.
Najla ai suoi sogni da campionessa non ci ha rinunciato, è una ragazza forte, si allena tanto e ci crede a tal punto che è già migliorata di 20 secondi sui 3000 siepi.
A dimostrazione del fatto che nella vita bisogna provare sempre a superare i limiti, i pregiudizi e con tutta la forza.
Credere nei sogni e lasciarli liberi di uscire da un cassetto o da una gabbia perché liberi siamo nati.
Grazie Najla per aver sfidato te stessa e per aver avuto il coraggio di uscire da quella prigione affinché sia d’esempio per tutti noi.
Dominga Scalisi