L’impatto della pratica sportiva sul benessere mentale, uno studio di ASICS

Nell’epoca attuale, l’importanza dell’attività fisica come pilastro fondamentale per il mantenimento del benessere mentale è sempre più evidenziata da studi scientifici approfonditi.

Un recente rapporto del 2024 realizzato da ASICS su un campione di oltre 26.000 individui in 22 paesi diversi getta luce sui benefici duraturi dello sport, rivelando non solo un miglioramento immediato dello stato d’animo, ma anche un effetto prolungato nel corso della vita adulta.

Il legame tra attività fisica regolare e benessere mentale è inequivocabile: i partecipanti attivi mostrano un punteggio medio di 67 su 100 nel benessere mentale, ben superiore ai 54 su 100 riscontrati tra coloro che conducono uno stile di vita sedentario.

Tuttavia, questo studio sottolinea anche la disparità globale nell’accesso e nell’adozione dell’esercizio fisico, con alcuni paesi che mostrano livelli di attività decisamente inferiori, correlati a punteggi più bassi di benessere mentale.

Un dato allarmante emerge dall’analisi dell’adolescenza: la fascia d’età tra i 15 e i 17 anni si rivela critica.

Se durante questi anni si abbandona l’esercizio fisico, ciò può avere ripercussioni negative sulla salute mentale negli anni successivi. Sorprendentemente, il 58% di coloro che sono stati attivi in questa fase cruciale della vita continua a praticare regolarmente sport in età adulta, mantenendo così punteggi di benessere superiore.

Questo studio mette in evidenza una crescente tendenza all’inattività nelle nuove generazioni, con una percentuale significativamente più bassa di giovani che si dedicano all’attività fisica rispetto alle generazioni passate. Per esempio, l’82% della generazione silenziosa praticava sport regolarmente durante la gioventù, un dato che scende drasticamente al 55% nella generazione Z.

Le implicazioni di questi cambiamenti sono profonde, con punteggi di benessere mentale nelle nuove generazioni che non solo risultano inferiori a quelli delle precedenti, ma indicano anche un potenziale declino nella salute mentale globale. In particolare, il punteggio di benessere della generazione Z è il più basso registrato, a soli 62 su 100.

La ricerca affronta anche la disparità di genere nello sport, evidenziando che le donne, specialmente quelle più giovani, sono generalmente meno attive degli uomini. Ciò si riflette nei loro punteggi di benessere mentale: le donne attive mostrano miglioramenti significativi nel loro benessere rispetto a quelle meno attive, con un aumento fino al 28% nei punteggi di benessere tra le donne attive delle generazioni Z e millennial.

I risultati di questo studio sono un chiaro monito sull’importanza di politiche e programmi che promuovano l’attività fisica fin dalla giovane età.

È essenziale garantire che l’accesso equo all’esercizio fisico sia una priorità globale, non solo per migliorare il benessere mentale attuale, ma anche per assicurare una società più sana e resiliente in futuro. La sfida sarà integrare queste evidenze scientifiche nelle politiche pubbliche e nei comportamenti quotidiani, trasformando la pratica sportiva in una norma universale piuttosto che un’eccezione.

Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso