L’atletica in prima pagina corre, salta, lancia

E se, dopo gli ori nella corsa con Nadia Battocletti, nel salto con Gianmarco “Gimbo” Tamberi, e nel lancio con Sara Fantini, l’atletica diventasse lo sport da prima pagina?

Sappiamo bene che tutto questo clamore attorno agli Europei di Atletica finirà presto, sostituito dall’inizio degli Europei di calcio. Le prime pagine dei giornali sportivi e non solo torneranno a occuparsi dei nostri campioni di Roma 2024 in “altri sport”, forse già da luglio.

Ma il problema non è il calcio, né i miliardi di euro che genera: è sempre sport e fa bene a tante persone.

La questione è più narrativa, se non proprio giornalistica. Sta qui il limite della capacità attrattiva della fatica. Non siamo in grado di raccontarla per sport che non hanno visibilità.

Molti lettori non hanno colto appieno la grandezza di ciò che è successo in questi Europei. Non tanto per il risultato, ma per come è stato raggiunto.

Oggi ci piace vedere solo un lato della medaglia, in un frame che ci appaga di tutto. Meglio se l’analisi dura poco perché andare oltre richiede impegno, e questo non ci va, non conviene, è fatica.

Gli atleti della spedizione hanno lavorato in silenzio per anni, senza luci né telecamere.

In un clima di vita ascetica, dove ogni cosa era misurata al centimetro, al grammo, al secondo.

Lo avete provato anche voi nelle 12 settimane di preparazione per una maratona. Tutto doveva girare intorno alla vostra tabella: le ore di sonno, le pietanze da servire a tavola, i lavori da fare in strada.

Ora pensate di vivere così per tutta la vita, rinunciando a feste, serate con gli amici, e abbuffate anche a Natale.

A incastrare affetti, lavori, impegni, senza poter mai dire no al campo, all’allenatore, al recupero, all’ultima ripetuta fatta anche sotto la neve e con le lacrime per il dolore ai muscoli.

Questo è il rovescio della medaglia da cui fuggiamo, ma che va raccontato.

Le piste di atletica su cui questi campioni hanno consumato scarpe e giorni infiniti erano le stesse dove correvamo noi amatori.

Per uscire primi dai blocchi di partenza non basta avere i muscoli. Ricordate Pietro Mennea, che fisico minuto aveva?

Si allenava tutti i giorni e, se così non fosse stato, la famosa “scuola di velocità” inventata a Formia da lui e dal suo allenatore Vittori non sarebbe mai esistita.

Non basta correre come un ghepardo.

Il successo nell’atletica, e non solo, arriva dopo una lunghissima preparazione durante la quale le domeniche in cui provare a capire quanto vali contro un avversario o a che punto sei con i tempi sono sporadiche e nel contempo necessarie.

L’atletica è silenzio e ragione, forza e convinzione. Un poker che, se giocato nella stagione giusta, non trova avversari davanti.

Allora proviamo a seguire ancora gli “altri sport”, consapevoli che abbiamo molti più strumenti per farlo: bacheche dei social, storie e dirette da cui vedere la vita dell’uomo che salta più in alto e della ragazza più veloce nel mezzofondo.

Farci sentire così vicini li farà correre ancora più forte, si alleneranno sapendo che non sono soli e, a Los Angeles 2028, magari chissà, ci sarà qualche nostro figlio a saltare, correre o lanciare in pista.

 

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Marco Raffaelli
Appassionato dello sport e di tutte le storie ad esso legate. Maratoneta ormai in pensione continua a correre nuotare pedalare parlare e scrivere spesso il tutto in ordine sparso