Questa è la storia di Patrizia Melchior, un’atleta che del mondo podistico incarna gli ideali più nobili.
Voglia di partecipare, passione e altruismo corrono al suo fianco con il marito Sergio e insieme ai tanti amici che condividono con loro i progetti, i sogni e i traguardi sempre con un sorriso trascinante.
La sua storia atletica ha avuto inizio nel 2009, in un momento in cui la vita professionale l’aveva praticamente fagocitata, lavorando 12 ore al giorno, trascurando i propri aspetti più intimi personali della quotidianità, in particolare la famiglia e soprattutto la figlia che stava sempre o con la nonna o con la babysitter.
Caffè e pacchetti di sigarette facevano da corollario a un quadro di vita in cui Patrizia aveva messo al centro il suo lavoro.
Una mattina sul luogo di lavoro lei e i suoi colleghi furono sequestrati per alcune ore da un gruppo di balordi, vennero legati, privati dei cellulari e chiusi in una stanza.
“Mi puntarono una pistola alla nuca e mi diedero un pugno sul naso. Vidi in pochi minuti scorrere davanti agli occhi tutta la mia vita. Furono ore terribili il cui pensiero mi dà ancora angoscia.” – Ci racconta Patrizia.
Per sfogare la rabbia, il dolore e la frustrazione, Patrizia comincia a correre in quel luogo romano deputato alla corsa amatoriale che è il Biscotto di Caracalla.
“Avevo visto tante persone girare lì intorno. Ogni settimana aumentavo il numero di giri. Un giorno mi avvicinò un runner per chiedermi con quale squadra fossi tesserata. All’epoca non sapevo nulla di squadre e di tesseramenti perciò chiesi di cosa si trattasse. Mi suggerì di partecipare all’Appia Run che ci sarebbe stata qualche settimana dopo, parlandomi del suggestivo percorso. Il suo entusiasmo mi contagiò.”
Come spesso accade i buoni consigli portano a scelte oculate e così che entrare in un negozio specializzato fu l’inizio della corsa consapevole e sicura.
Le parlano di una squadra che a Roma fa correre tante persone, la Podistica Solidarietà, tra le più grandi d’Italia. E così che in pochi giorni divenne una Orange, come vengono chiamati gli atleti della Podistica per la classica canotta arancione della ASD capitanata da Giuseppe Coccia.
Da quel momento scoppia l’amore per la corsa, da quella prima Appia Run i traguardi si susseguono domenica dopo domenica: 25 finish line tra cui la Maratona di Firenze, del novembre 2010 conclusa tra pioggia e freddo polare in 4h.30′.
La regina delle distanze la conquista al punto di arrivare a chiudere 44 tra maratone e ultra, con tutto il corredo di mezze e tante gare tra le vie di Roma e non solo.
Lo sport per Patrizia è sempre stato un compagno di crescita, fino ai 22 anni frequentava la piscina, dove praticava nuoto sincronizzato. Nel periodo dell’università jogging e palestra ma non ha mai amato allenarsi al chiuso.
“Per me correre è una sorta di ‘seduta di psicoanalisi’. Quando corro è come se scrivessi su un diario le mie emozioni, le mie paure, progetti e aspettative, tutto in chiave emozionale.
Sono una persona emotiva, aspetto che cerco di contenere con il rigore, soprattutto nel lavoro.”
Cuore e testa sono sempre loro che fanno la differenza anche nello sport, perchè quando la fatica è vissuta in equilibrio tra emozioni e razionalità i traguardi, come il sogno della Big Sur International Marathon in California lungo la costa del Pacifico, sono il mezzo per una vita di gratitudine e serenità.
Certo poi ogni tanto ci mettiamo del nostro come quella Pistoia Abetone del 2014, affrontata a un mese dal Passatore in cui ne uscii molto provata fisicamente e mentalmente. – ammette Patrizia.
La sua vita atletica ha percorso tutte le strade del running compresa quella commerciale con il marito Sergio e di organizzatori di eventi da cui ha capito che trasformare una passione in un lavoro non sempre è premiante. Vivere questo ambiente da ‘dietro le quinte’ è molto diverso dall’indossare un paio di scarpette e correre-punto.
Ti misuri anche con aspetti che contrastano con il modello valoriale che la parola sport dovrebbe suscitare. Forse fa parte un po’ del degrado che coinvolge sempre più aspetti del nostro vivere quotidiano – ci confida – Al contempo ho avuto l’opportunità e direi la fortuna di conoscere delle persone fantastiche con le quali si sono creati dei legami profondi.
Dalla conclusione dell’esperienza commerciale del negozio di running in provincia di Roma nacque la ASD Run For Fun. Con il timore che il suo approccio alla corsa potesse cambiare, che la visione del running come di una bella evasione, il momento di ‘ossigeno’, diventasse altro.
Poi, i fatti accaduti, le hanno fatto cambiare idea perché quando si dedica a un progetto la fa al 100%.
“Per anni ho vissuto la squadra con entusiasmo, trascurando del tempo che avrei potuto dedicare ad altri interessi. Ma non ho rimpianti. Sebbene la pandemia abbia sicuramente ridefinito tutti gli equilibri e le priorità. Molti dei nostri atleti hanno smesso di correre e, su una squadra poco numerosa, ha pesato molto. Parimenti è venuto meno il mio entusiasmo, la voglia di motivare, di alzarsi alle 5.00 o anche prima per andare a posizionare il gazebo…”
“Dopo vari ripensamenti e tentativi di dare nuova linfa, abbiamo deciso di prenderci un anno sabbatico. La maggior parte dei nostri iscritti non ha cambiato squadra e pur di continuare a correre con la nostra canotta hanno optato per la Runcard.”
“Stiamo valutando se tornare il prossimo anno con un nuovo progetto.”
Come spesso accade a noi sportivi dopo una fase di cambiamento torniamo alla nostra passione con rinnovato entusiasmo e spensieratezza, ritrovando emozioni dimenticate e così è stato anche per Patrizia, toradno a correre in pista per gli allenameti di qualità con i consigli del Coach Giancarlo Ferrante ed il suo GF Team.
“Dopo anni sono tornata ad allenarmi in pista e mi piace”.
Sergio invece ha completamente smesso. Inizialmente lei lo iscriveva alle gare a sua insaputa, salvo comunicarglielo il venerdì .
Arriva al traguardo senza allenamento alcuno e mi fa una rabbia! io che in qualche modo cerco di arrivare almeno a 40 km a settimana. Altre volte mi accompagna solo per farmi da supporter.
Il running è così, ognuno lo vive a modo suo, ma poi ci sono storie come quella di Patrizia che fanno sperare sempre a tanti, il meglio nella vita e sotto i traguardi più belli.