Un mese e 3gg dall’ultimo allenamento. Fermo per un dolore all’inguine, la testa presa da altro e poca voglia di riprendere. Pochissima direi in questo periodo.
Poi venerdì, Marco e Mirko hanno preso di prepotenza un pettorale aggiuntivo, e mi hanno spinto (termine che non valorizza minimamente il loro sforzo) a ripartire.
Da zero km fatti in più di un mese, ad una scommessa, direttamente: 21km. Seppur ditubante, non ho saputo dire no, e ho accettato.
Risultato: 2h 10’ circa, il mio peggior tempo di sempre su una mezza, e dolori all’inguine di nuovo.
Insomma una schifezza.
Al 10km, il dolore crescente mi ha fatto pensare di abbandonare: ho detto a Mirko di proseguire ed allenarsi per bene. Io ho camminato per qualche minuto.
Poi una volta partito lui, superato da persone che mi incentivavano a ripartire, mi sono chiesto cosa mi spingesse a lasciare invece di chiudere, anche con tempi più lenti, quello che avevo iniziato, come ho sempre affrontato tutto.
E così è stato, rallentando e gestendo un dolore fisso, sono arrivato alla fine.
Ci sono più cose che mi porto a casa:
– accettare le sfide vuol dire saper sopportare e accettare responsabilmente il risultato finale, con consapevolezza che è solo un pezzo di un percorso e al prossimo c’è spazio per migliorarsi
– finalizzare ci da sempre più soddisfazione di abbandonare, non genera rimorsi e ti insegna sempre qualcosa, anche se qualche “dolore” te lo porti a casa
– sfidarsi è sempre un ottimo modo per misurarsi e capire a che punto sei, dove puoi arrivare e mettere i piedi a terra
– farsi le domande e darsi le risposte, seppure piuttosto marzulliano, è un modo per dialogare con se stessi e perlustrare le motivazioni che spesso ci portano a prendere decisioni di impulso, di cui non siamo in fondo d’accordo
– stare fermi e non aver lo slancio di (ri)partire è il miglior modo per rendersi piatti e vittime di noi stessi. La fortuna, in molti casi, è nell’avere anche persone che ti prendono a calci nel sedere quando serve e alle quali non puoi volergli male malgrado i dolori, perché senza di loro anche oggi avrei poltrito ancora
– mezza maratona senza allenamento è un corollario di parolacce senza fine, chilometro per chilometro, che ti consente di valutare anche il livello di conoscenza dei santi e patroni
– voglio bene a quel signore che mi ha detto “daje giovanotto, mica ti vuoi far sorpassare da un 70enne” e che mi ha spinto a ripartire al 11km, facendomi sentire una chiavica. Qualcuno che ci faccia capire che non siamo il massimo dei fighi ogni tanto ci vuole.
– che la fatica più bella è quella che senti in ogni parte del corpo, dalla testa ai piedi perchè sai che è valsa non una banale medaglia ma la vittoria con te stesso
– che la bellezza del sorriso di chi ti da la medaglia è la miglior medicina ai dolori di tutto il percorso.
Da martedì, tra una trasferta e l’altra, si ricomincia con obiettivo Roma-Ostia e recupero su piano Milano.
#EPureQuestaÈAndata #StorieControCorrente
Fabio Lalli