Come organizzazione che lavora per proteggere il nostro mare e le sue creature viventi, sarebbe un privilegio per noi poter dire che il tonno rosso, una delle specie marine più iconiche, si è ripreso dall’orlo del collasso.
Ma purtroppo la realtà è molto diversa.
Mentre le misure per ridurne la pesca hanno portato a una graduale crescita della popolazione negli ultimi 10 anni, l’aumento del livello delle catture (il più alto mai raggiunto e fissato a 36.000 t nel 2020) e un livello persistentemente elevato di pesca illegale continuano a impedire il pieno recupero della popolazione di tonno rosso.
Mangiamo tonno da migliaia di anni. Gli antichi Greci e Romani lo adoravano. In Sicilia e Malta, la pesca del tonno risale alla preistoria e fino al 1800 ha contribuito fortemente alla crescita economica delle comunità costiere.
Un fattore che ha contribuito al declino della popolazione di tonno rosso è l’enorme aumento della popolarità di sushi e sashimi, cresciuta esponenzialmente dagli anni ’60.
La maggior parte del tonno rosso catturato nel Mar Mediterraneo viene trasferito in gabbie galleggianti per 4-6 mesi dove viene alimentato con grandi quantità di pesce pescato in natura per soddisfare le esigenze del ricco mercato giapponese che esige carni con un elevato contenuto di grassi.
Alla fine degli anni ’90, il tonno rosso iniziò a essere pescato senza limiti in Mediterraneo, con aerei spotter e motoscafi veloci, spesso usati per trovare i banchi all’inizio dell’estate quando questo animale si riproduce.
Per una banale regola di mercato, più la produzione aumentava, più il prezzo del tonno diminuiva, innescando un circolo vizioso che ha portato ad una corsa all’ultimo tonno e la popolazione quasi al collasso.
La pesca su scala industriale del tonno rosso è iniziata solo all’inizio degli anni ’90, ma una volta decollata, ha avuto un impatto devastante per gli stock.
È stato un disastro ecologico.
L’introduzione degli impianti di ingrasso di tonno rosso nel Mediterraneo hanno aperto un nuovo mercato per i tonni più giovani: pesci che non hanno ancora avuto la possibilità di riprodursi vengono catturati vivi per essere trasportati in gabbie galleggianti , per trarre beneficio economico dalla loro velocità di accrescimento. Nel 1996, l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN) ha elencato il tonno rosso dell’Atlantico come “in via di estinzione“: la popolazione era in calo dell’85%.
Sorprendentemente, i primi limiti alla cattura sono stati introdotti solo nel 1998. E anche allora, per diversi anni, questi erano fissati ad un livello molto più elevato di quanto gli scienziati raccomandassero per garantire la sostenibilità della pesca.
Inoltre, i controlli della pesca in Mediterraneo erano del tutto inadeguati, consentendo alti livelli di pesca illegale, non regolamentata e non dichiarata. Si stima che le catture non dichiarate siano state per molti anni più del doppio degli sbarchi registrati.
Anche quando le quote di cattura hanno iniziato a ridursi gradualmente, la pressione sul tonno è rimasta elevata a causa della crescente quantità di pesca illegale. La pesca e il commercio illegali rimangono una delle maggiori questioni irrisolte, come confermato dall’ultima operazione condotta dall’Europol e denominata “Tarantelo”.
La situazione era tale nel 2006, per cui gli esperti prevedevano il collasso dello stock entro il 2012.
Era giunto il momento di un cambiamento radicale per evitare la piena estinzione del tonno rosso nel Mediterraneo.
Nel 2009, la Commissione Internazionale per la Conservazione dei Tonni dell’Atlantico (ICCAT) ha finalmente adottato un rigoroso piano di ricostituzione, stabilendo le norme sul totale ammissibile di catture, fissando limiti ben precisi per la stagione di pesca, taglia minima di cattura e regole per la pesca ricreativa.
Ha inoltre introdotto un nuovo ed ambizioso sistema di controllo e tracciabilità.
Un decennio dopo, la situazione del tonno rosso nel Mediterraneo è potenzialmente buona: lo stock si sta riprendendo, ma proprio er questo siamo a un punto cruciale del processo.
Questo è il motivo per cui, nel 2017, il WWF ha criticato la decisione dell’ICCAT di fissare le quote di cattura a 36.000 tonnellate entro il 2020 – un livello mai raggiunto prima. Considerando l’entità delle catture non dichiarate, è facile intuire come un tale aumento rischi di compromettere i risultati finora ottenuti.
Questo è anche il motivo per cui il WWF si è opposto formalmente alla prima certificazione della sostenibilità della pesca del tonno rosso da parte del Marine Stewardship Council (MSC), ritenendo che ciò costituirebbe un pericoloso incentivo per il mercato e comprometterebbe il recupero e la sostenibilità a lungo termine dello stock.
MSC afferma sul suo sito Web:
“I consumatori possono essere certi che il pesce che stanno acquistando è certificato, sostenibile, tracciabile e selvatico”.
Ma in questo caso, come ha ripetutamente dichiarato il WWF, il logo blu MSC sul tonno rosso presenterebbe ai consumatori una realtà distorta.
I requisiti per la certificazione non possono essere soddisfatti dall’industria della pesca del tonno a causa dei dati incompleti disponibili per la valutazione dello stock di tonno, nonché della quantità di tonno rosso pescata e commercializzata illegalmente.
È stata una ripresa lunga, complessa, e una storia di successo quella del tonno rosso, ma dobbiamo continuare ad adottare un approccio precauzionale nel valutare questi progressi per evitare di ripetere gli errori del passato.
Al WWF, riteniamo che i vantaggi a breve termine determinati dall’aumento dello sforzo di pesca o da dubbie certificazioni di eco-sostenibilità, non possano in alcun modo giustificare il rischio di compromettere i risultati di conservazione fin qui ottenuti per il tonno rosso.
E’ stato fatto un lavoro eccellente per salvare questa specie, e se continuassimo i nostri sforzi ancora per un po’, allora – e solo allora – ci sarà la possibilità di lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti una popolazione sana ed abbondante di questo meraviglioso il pesce .
Alessandro Buzzi, Bluefin tuna Regional Manager, WWF Mediterranean Marine Initiative.