La marcia in più

Foto Roberto Dalmazi

Tra i miei risibili talenti ho imparato a conoscere le persone all’istante, con un tasso di successo decisamente superiore agli sventurati che approcciavano Ted Bundy.

Del resto uno che la sapeva lunga (Oscar Wilde) soleva dire che è sicuramente superficiale colui che non giudica dalle apparenze.

Andando rapidamente al sodo, la prode Simona, una delle protagoniste dell’ultimo Passatore, mi ha inviato numerosi messaggi per esprimere la sua scoppiettante contentezza per il risultato conseguito. E, fin qui, siamo nella norma, senza bisogno di darne troppo conto.

Uno di questi messaggi costituisce, tuttavia, l’occasione di queste righe. Senza volerlo trascrivere, manifesta una insospettata sorpresa per l’essere stata citata in un “pezzo” assurto agli onori di StorieCorrenti: quale tapasciona da fondo classifica, non ritiene di meritare tanta attenzione.

Il ritorno del Buon Samaritano (al Passatore)

Le persone “degne” si vedono da questi minuscoli indizi. In realtà, sono loro l’oggetto di ammirazione, non il “fenomeno” podistico.

Uomini o donne che, tra le difficoltà piccole o grandi che non mancano, ritagliano dei pezzi di vita per coltivare una passione. Dopodiché, con un allenamento quasi mai idoneo, si cimentano in una gara di 100 chilometri ed arrivano al traguardo. Basterebbe solo questo dato per dedicare spazio a questa prodezza.

Nonostante il “Passatore” stia diventando “di moda” resta, indubbiamente, una gara difficile e per il percorso e per le condizioni climatiche e per la testa che ci vuole per non mollare prima di valicare la Colla.

Comprendo perfettamente che, essendo una gara, a parte gli “assoluti”, si lasci spazio a quelli “bravi” (che, poi, sono molto prossimi al professionismo) ma ciò non toglie che vadano celebrate degnamente, forse anche di più, le persone “normali”, coloro che si misurano contro l’ignoto e, in qualche modo, ne escono vitali.

La grandezza va riconosciuta pur se appare costituita da piccole cose. Ma il “piccolo” è del tutto relativo, sebbene la “relatività”, per ciò stesso, vada rapportata in misura inversamente proporzionale alle possibilità materialmente messe in campo.

Sicché tra colui che (tempo in maratona di 3 ore) termina il tragitto Firenze-Faenza in 9 ore, il mio plauso andrà sempre alla lanciatrice di coriandoli che, non-si-sa-come, arriva (solo) 8 ore dopo, marciando dal primo all’ultimo metro. Il volto incredulo, al termine, vale ogni riga.

[Nota: Quando mi chiedono da dove nascano i miei articoli, rispondo sempre: “dalle persone”. Raramente dai campioni]

Mr Farronato
Mr. Farronato Podista e scrittore. La corsa mi serve per superare i limiti dell’ordinario mentre, scrivendo, supero quelli dello straordinario. Potete trovarmi – sotto falso nome – nelle gare della nostra bella capitale e, soprattutto, alle maratone. La corsa è la soglia del crepuscolo che si affaccia su un mondo diverso.